VENEZIA – La violenza in famiglia e nella coppia è il tema forte al centro di L’Experience Zola di Gianluca Matarrese, alle Giornate degli Autori come Evento Speciale e in sala dal 13 settembre con Luce Cinecittà.
Lo sguardo di Emile Zola e del suo testo L’Assommoir scritto nel 1876 si rivela attualissimo e contundente, intrecciandosi a quello dell’attrice e regista teatrale Anne Barbot, complice da tempo di Matarrese, e del suo partner in scena e nella vita, Benoit Dallongeville. Il loro percorso ci offre un disvelamento coraggioso ed estremo di emozioni forti e inconfessabili.
La perdita del lavoro – cosa devastante per un operaio dell’Ottocento – si rispecchia nell’impossibilità di andare in scena per un attore teatrale dopo un grave infortunio. Per lui, che è un lavoratore intermittente, dunque un marginale dei nostri giorni, essere sostituito sul palcoscenico è una tragedia che porta con sé gravissime conseguenze psicologiche e umane. Che si riverberano inevitabilmente anche sul rapporto di coppia.
Il regista torinese, ma di stanza a Parigi dal 2002, dove ha trovato casa e ispirazione artistica, riflette sul tema della sopraffazione e sulle sue possibili cure: “Non si può intervenire sulla famiglia, si deve intervenire sulla società, credo che la cultura in un certo senso possa salvare il mondo. Quando assistono alla rappresentazione di questa pièce, i ragazzi cambiano il loro sguardo sul mondo e la loro prospettiva. Abbiamo portato questo spettacolo ai giovani e cercheremo di arrivare anche nelle scuole con il film. Non stiamo salvando vite, però possiamo svegliare le coscienze”.
Dopo aver portato La dernière séance alla Settimana Internazionale della Critica di Venezia vincendo il Queer Lion Award 2021, Matarrese torna con un film stratificato dove si ritrovano almeno quattro livelli di lettura: il romanzo, la messinscena teatrale, il cinema con il suo dispositivo svelato allo spettatore e (forse) la vita reale. Anne è una regista teatrale, appena separata dal marito. Mentre sta traslocando, incontra il vicino di casa Ben, attore di scarso successo, che le si avvicina e inizia a corteggiarla. Lei è riluttante ma infine lo scrittura per mettere in scena L’Assommoir di Zola, dandogli il ruolo di Coupeau, l’uomo che si lega a Gervaise e che le userà violenza.
La storia d’amore tra Coupeau e Gervaise corre parallela a quella tra Anne e Benoit, tra idillio e sentimenti che faticano a trovare espressione. “Anne Barbot e io ci siamo formati insieme alla École Internationale de Théâtre Jacques Lecoq – racconta il regista – entrambi mettiamo in discussione la nozione di prospettiva e intravediamo una porosità tra realtà e finzione. Fuori dal palco, gli attori sono colti in conversazioni intime, nel quotidiano. Ho usato molto l’improvvisazione e il montaggio ha creato collegamenti tra i momenti di gioco della finzione teatrale e del mondo reale, fino a perdere volontariamente i consueti riferimenti e codici tra i diversi registri”.
Nel romanzo di Zola, Gervaise si trova sola con i suoi due figli quando Lantier la lascia. Incontra Coupeau che la convince a legarsi a lui. Si innamorano e si sposano. La coppia è felice e ha una bambina, Nanà. Un giorno, Coupeau cade da un tetto e si rompe una gamba. Non riesce più a fare il suo lavoro e affonda nell’alcol e nella disperazione. Con l’aiuto di Goujet, un vicino di casa, Gervaise riesce ad aprire una lavanderia, così che la sua condizione migliora. Ma Lantier ritorna e incoraggia Coupeau a sfruttare il coraggio di Gervaise. La coppia si sfalda, l’infelicità, l’alcol e la sopraffazione porteranno la famiglia alla rovina.
“Volevo dipingere il fatale declino di una famiglia operaia. Oltre l’ubriachezza e la pigrizia, c’è l’allentamento dei legami familiari, gli effetti luridi della promiscuità, il graduale oblio dei sentimenti onesti e poi, come epilogo, la vergogna e la morte. Questo è semplicemente il corso della morale”, spiegava a suo tempo lo scrittore francese. Tra i due attori, oggi, si innesca una dinamica parallela. “Una dinamica classica nelle coppie dove ci sono situazioni di potere e dipendenza affettiva. Volevamo raccontare come la società ti porta a sferrare il primo colpo”. E Matarrese, che ha usato le musiche dal vivo dei Cantautoma, come negli altri suoi film, indica una continuità con i lavori precedenti: “Ancora una volta ritrovo ingredienti a me cari: la famiglia, la decadenza, i sogni e le ambizioni. Come spesso accade, i miei personaggi reali si trovano ad affrontare situazioni difficili e io mi prendo il tempo di accompagnarli e filmarli intimamente per capire come possono reagire, risalire in superficie da una realtà che li sta facendo sprofondare”.
Attualmente il regista è al lavoro su vari progetti che lo riporteranno anche in Italia. Tra questi un film di finzione prodotto da Fandango basato su un suo laboratorio teatrale che si è svolto in Puglia. Mentre con Dominique Barneaud e Donatella Palermo, produttori di L’Experience Zola, girerà all’Ospedale Niguarda di Milano, un’opera sulla disforia di genere e la procreazione assistita. “In comune hanno il capitalismo organico, tema molto politico e contemporaneo”, chiarisce.
di Cristiana Paternò
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