Uno di quei (rari) casi in cui il titolo italiano rende giustizia meglio di quello originale: The Happiest Man in the World diventa semplicemente L’appuntamento. Appuntamento al buio per la quarantacinquenne Asja (Jelena Kordić Kuret) e attenzione all’età perché è un dettaglio che fa Storia. Asja è una single bella quanto nervosa che sta per partecipare a uno speed-date organizzato nei minimi dettagli. Si deve recare in un hotel del centro di Sarajevo per incontrare il coetaneo che le è stato assegnato. Insieme a loro molte altre potenziali coppie di tutte le età, estrazioni sociali, religioni…
Asja, come tutti gli altri partecipanti, si sottopone al gioco delle domande orchestrate dagli organizzatori, che pretendono anche di farli vestire tutti allo stesso modo, con una specie di camice rosa, come fossero scolaretti. C’è chi cerca solo una notte di sesso e chi vorrebbe una seconda chance matrimoniale, ma la guerra è una cicatrice ancora viva per molti, se non per tutti, e riaffiora a tratti nelle risposte a domande che suonano imbarazzanti quando toccano i temi dell’etnia e della religione.
Essere serbi o croati, cristiani o musulmani rappresenta un confine difficile da valicare in questo contesto. Ma c’è di più. Nel corso della conversazione Asja intravede nel tormentato Zoran (Adnan Omerović) qualcosa di tragico e violento che riaffiora dal suo doloroso passato. A questo punto non può non scatenarsi lo psicodramma, dapprima tra loro due soli e poi via via a coinvolgere tutti i presenti, a dispetto dei goffi tentativi delle padrone di casa di “normalizzare” una situazione chiaramente esplosiva.
Teona Strugar Mitevska – già autrice del notevolissimo Dio è donna e si chiama Petrunya – lascia deflagrare le emozioni represse e coreografa l’apparente caos con sapienti movimenti di macchina e situazioni in cui i corpi degli attori – sono quaranta di cui solo diciassette professionisti – interagiscono, si toccano, si scontrano, si respingono e si attirano, come in quel gioco che si fa da bambini sbattendo le palme delle mani contro quelle del compagno a ritmi sempre più serrati. “Sono l’uomo più felice del mondo” è l’affermazione, mendace, del tormentato Zoran che ancora non ha trovato il perdono per le azioni che ha compiuto quando era adolescente. Asja lo vorrebbe processare ma anche abbracciare e questi sentimenti contraddittori e radicalmente umani vengono resi da una narrazione chiusa e serrata, che non esce mai dalle pareti dell’albergo fuori moda dove si tiene il meeting.
Alla fine cosa rimane se non una panoramica sulla città di Sarajevo al crepuscolo mentre le luci si accendono nelle case e i fantasmi della guerra, trent’anni dopo, ancora aleggiano nelle strade e nelle coscienze. Per alcuni. Mentre altri, diciottenni ignari, festeggiano e ballano. In fondo è tutta una questione di quando sei nato.
“Cosa ci definisce: la nostra etnia, la nostra religione, il nostro genere? Cosa ci divide o ci unisce? Questa è una storia sulla precarietà della vita, sugli incontri casuali che uniscono l’aggressore e la vittima, riportando in vita il passato doloroso; è una storia di connessioni possibili, di amore e assurdità”, afferma Teona Strugar Mitevska. Mentre la sceneggiatrice Elma Tataragic, che ha lavorato su una storia personale, viene definita da Teona “anima gemella, forza collaborativa senza pari”.
Dopo essere stato presentato in anteprima nella sezione Orizzonti della 79ª Mostra di Venezia, L’appuntamento arriva in sala con Teodora dal 6 aprile.
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