L’amore per la letteratura apre Berlino

È una dichiarazione d’amore nei confronti della letteratura e dell’arte in generale, il film che inaugura il 70mo Festival di Berlino, My Salinger Year di Philippe Falardeau,


BERLINO – Apre nel segno della scrittura il 70mo Festival di Berlino, con un film, fuori concorso, che racconta il mondo letterario della New York Anni ’90, con umorismo, sagacia e un tocco di romanticismo. Adattamento per il grande schermo dell’omonimo best-seller memoir firmato da Joanna Rakoff, My Salinger Year (edito in Italia da Neri Pozza), scritto e diretto da Philippe Falardeau, segue le vicende di una giovane aspirante scrittrice, Joanna, che si getta senza esitazione all’inseguimento dei propri sogni, che sembrano prendere corpo nel momento in cui viene assunta in una prestigiosa agenzia letteraria, come assistente di una storica agente letteraria, Margaret, interpretata da Sigourney Weaver, che ha tra i suoi rappresentati nientedimeno che lo scrittore cult e solitario J.D. Salinger.

Il compito di Joanna – interpretata da Margaret Qualley, recentemente vista nell’ultimo film di Tarantino C’era una volta a… Hollywood – è quello di rispondere alle numerose lettere dei fan dell’autore del Giovane Holden, con un testo impersonale e standard: “Come forse saprà, il signor Salinger non desidera ricevere posta dai lettori, quindi non possiamo inoltrargli il suo cortese messaggio”. Ma, man mano che inizia a leggere le lettere toccanti e appassionate dei fan, comincia a personalizzare le risposte, scrivendole e firmandole in prima persona, trovando così la sua personale voce.

“Quando ho letto il libro di Joanna Rakoff qualcosa si è iniziato a muovere dentro di me ed ho subito pensato che sarebbe stato quello il mio prossimo film. Mi sono riconosciuto in quello che raccontava, mi sono messo nei suoi panni, e penso che la stessa cosa capiterà a molti spetattori”,  ha dichiarato il regista franco-canadese Philippe Falardeau, autore del film candidato all’Oscar Monsieur Lazhar (2011), già a Berlino (Generation) nel 2009 con C’est pas moi, je le jure!, pellicola per cui ha vinto il Grand Prix di Generation Kplus e il Crystal Bear come miglior film. “Tutti siamo stati giovani e pieni di sogni, e abbiamo magari fatto errori mossi dalle migliori intenzioni come la protagonista”. 

My Salinger Year è un racconto di formazione, ma anche il ritratto di due diverse generazioni (per alcuni tratti simili) e delle loro ambizioni, rappresentate rispettivamente da Margaret e Joanna. Il rapporto sullo schermo tra le due donne ricorda, da più punti di vista, quello tra Meryl Streep e Anne Hathaway ne Il diavolo veste Prada: Margaret controlla ogni cosa in maniera rigida e a volte dispotica, è arroccata in una specie di torre d’avorio, che è la sua agenzia, in un lussuoso ufficio con pannelli in legno dove regnano ancora telefoni e anacronistiche macchine da scrivere. Una sorta di luogo sacro incontaminato dalla modernità, coi suoi rituali e le sue divinità, tra cui la più assoluta di tutte è J.D. Salinger, detto Jerry. “Forse all’inizio è un po’ ridicola nel suo atteggiamento ostile nei confronti della tecnologia, ma io capisco appieno il suo intento di proteggere nel suo ufficio la letteratura, di cui è come se si sentisse l’ultima sacerdotessa”, sottolinea l’attrice che, interrogata a proposito in conferenza stampa, sottolinea di non essersi ispirata per il ruolo al personaggio di Katharine Parker interpretato in Una donna in carriera di Mike Nichols, ma di “aver abbracciato con entusiasmo un film così intimo che parla dell’amore per la letteratura e per il vecchio mondo letterario che ancora sa resistere”. Il film, come sottolinea il regista, parla però anche del cambiamento: del modo in cui si modifica nel tempo il modo di comunicare, del passaggio dalla macchina da scrivere al pc oppure dal telefono al mobile, riferendosi così, anche a quella battaglia cui assistiamo oggi nell’industria cinematografica, rappresentata dall’avvento delle nuove piattaforme di distribuzione online.

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20 Febbraio 2020

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