“Abbiamo aspettato tanto per vedere questo film al cinema, perché il cinema è il luogo giusto per vederlo”. Così Daniel Craig, salutando i primi spettatori dell’atteso (mai come in questo caso l’espressione è calzante) No Time to Die, 25° appuntamento con l’agente James Bond, quinto per l’attore che nel 2006 con Casino Royale aveva prestato per la prima volta i suoi penetranti occhi azzurri all’eterno personaggio creato da Ian Fleming, rinnovandolo in pieno. Ora lo abbandona definitivamente con un addio strappalacrime e romantico da non rivelare (#notimeforspoiler).
Dopo un prologo tra i ghiacci della Norvegia, il film, che sarebbe dovuto arrivare in sala ad aprile 2020, ci trasporta a Matera, in uno scenario esotico e fiabesco che ci fa subito affezionare a una versione diversa di Bond, l’agente, oramai in pensione e ‘lento’ sogna di mettere su famiglia con Madeleine (Léa Seydoux), ma evidentemente i suoi nemici di sempre, ovvero la Spectre, sono in agguato, altrimenti non avremmo 163 minuti di inseguimenti, esplosioni e altre peripezie.
Il film, il primo diretto da un americano, Cary Joji Fukunaga, alterna ottime scene di azione con momenti intimi e si addentra come non mai nella psicologia del personaggio, segnato anche dalla perdita di Vesper Lynd in Casino Royale e di M in Skyfall, malinconico e a suo modo crepuscolare. Il cattivo di turno è lo sfregiato e vendicativo Safin (Rami Malek), che risulta essere un rivale in amore, innamorato anche lui di Madeleine, oltre che un assassino psicopatico pronto a sterminare l’umanità attraverso un’arma batteriologica e purtroppo intelligente, il progetto Heracles, un virus che agisce in base al DNA selezionando le sue vittime. Vi fa pensare al Covid? La sceneggiatura però è precedente alla pandemia. Da segnalare il laboratorio di Safin, ospitato da un’isola inespugnabile, ex base missilistica e rifugio per sommergibili, con tanto di giardino velenoso, un set che sembra rendere omaggio alle scenografie di Ken Adam per gli 007 degli anni ’60 e ’70.
Nel prologo incontriamo Madeleine bambina che cerca di sfuggire a un assassino mascherato correndo sui ghiacci. Subito dopo eccola adulta e innamorata, a bordo della Aston Martin di Bond, la Db5 super-accessoriata degli anni ’60. La tappa italiana, che sarà celebrata adeguatamente con l’anteprima a Matera, è una delle tante in giro per il mondo, come in ogni 007 che si rispetti. A Santiago de Cuba, dove la Spectre sta tenendo una convenction, Bond è aiutato oltre che dal vecchio collega della CIA Felix Leiter (Jeffrey Wright) dalla affascinante Paloma (Ana de Armas), agente stagista, seducente ma per niente seduttiva, e abile partner. Segno dei tempi, come pure il personaggio di Nomi (Lashana Lynch), l’agente dell’MI6 a cui è stato assegnato il nome in codice 007 e che potrebbe (chissà) traghettare la serie in una svolta al femminile fin dal prossimo episodio, nell’era post Daniel Craig e #MeToo. Tra gli sceneggiatori infatti, oltre ai soliti Neal Purvis and Robert Wade, figura Phoebe Waller-Bridge, penna molto al femminile di serie tv cult come Killing Eve e Fleabag.
Tra i personaggi troviamo anche Ernst Stavro Blofeld, un Christoph Waltz sempre più psicopatico, che vive in una cella di massima sicurezza e ricorda un po’ Hannibal Lecter e Il silenzio degli innocenti: Madeleine è la sua psichiatra.
Il film, che ha avuto la sua anteprima regale a Londra, è nelle sale di tutto il mondo dal 30 settembre con Universal e speriamo che regali al box office qualche buona notizia (in Italia siamo alla capienza dell’80%).
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