“Sono entrato nella lavorazione in corsa, però mi è sembrato si potesse fare perché la cifra era quella della commedia, per me chiave fondamentale: a volte un cicinin sopra le righe, cosa voluta, è anche un po’ fumettistica. In questo contesto il vero Leonardo Notarbartolo l’ho incontrato poco prima delle riprese e non volevo fosse la chiave d’accesso, perché in una commedia volevo guidassero altri aspetti, ciò non toglie che l’incontro sia stato scatenante, ma non c’è stato tempo di fargli il calco della mimica o della voce; l’unica cosa: abbiamo cercato di lavorare un po’ sull’accento torinese. Lui si presenta come una persona molto mite, con la passione per la sua professione, tale la considera: la sua deontologia mi permette di non nascondere la simpatia per il personaggio, che rifiuta armi e violenza, prendendosela con chi ha ben oltre il necessario. Non è un avido interessato al fine, il personaggio mi tocca per il candore di fondo. In questa storia, direi che c’è anche un personaggio che racconta la parabola del sogno materialista che non porta da nessuna parte”, così commenta Kim Rossi Stuart – protagonista centrale della serie Everybody Loves Diamonds, Prime Original dal 13 ottobre sulla piattaforma – che racconta il suo personaggio e la persona reale e vivente che l’ha ispirato, e che ha incontrato prima di girare.
Come recita un claim di accompagnamento al titolo, dunque si tratta di un fatto “ispirato alla vera storia del più improbabile colpo del secolo” e – come spiega uno degli sceneggiatori, l’head writer Michele Astori – “il colpo vero è del 2003, un altro mondo tecnologo e digitale: la scelta è stata portarla nel contemporaneo cercando di modificare e aumentare le complicazioni tecnologiche. Il colpo l’abbiamo un po’ tradito: cosa è successo, come Notarbartolo è finito in carcere, e così anche Leonardo l’abbiamo un po’ romanzato. Poi abbiamo lavorato sulla Commedia all’italiana con in più elementi spettacolari, per trovare empatia, slancio, tenerezza, innestati con il crime e l’action contemporanei”.
Per il regista, Gianluca Maria Tavarelli, finora più avvezzo ad altri toni narrativi: “la cosa importante è stata abbandonarmi alla serie e uscire dalla mia comfort zone, facendo sì che ogni genere fosse girato perfettamente, che ciascuna componente che la sceneggiatura esplorava fosse affrontata nel modo più competente possibile, sapendo che se la giocava con serie internazionali affini per genere. C’è il minimo comun denominatore con il furto all’italiana, da I soliti ignoti a La banda degli onesti. Poi, il vero Notarbartolo ci ha raccontato quello che poteva raccontare: in cene e pranzi ci ha messo a parte di molte cose. Nessuno di noi s’è mai trovato davanti a un caveau ma abbiamo imparato anche quello in totale serietà. La persona reale ci ha aiutati molto, è una persona squisita”.
Se il personaggio di Kim Rossi Stuart – gioielliere di Torino – è “la mente”, il colpo è possibile grazie alla banda, composta dal fratello haker, Alberto (Leonardo Lidi), dapprima refrattario al concetto di furto; dall’amico esperto di serrature, Ghigo, interpretato da Gianmarco Tognazzi, che lo descrive come uno con “il complesso del provinciale, è un mancato tronista senior, che ama l’universo femminile; lui vorrebbe essere uno che sogna la City, Milano: vuol darsi un tono ma è un allarmista, infatti è sempre reticente ma si fida della genialità di Leonardo. Ha sudditanza psicologica ma competenza, ma non ha equilibrio”; e, sollecitato su una certa affinità con personaggi recitati da suo padre, Tognazzi dice: “in chiave di Commedia, di Ugo sono simili debolezze, meschinità, fallimenti: è però qualcosa di inconsapevole per me, quello che geneticamente esce è inevitabile. Sono tipi di personaggi che mi piacciono molto”. Infine, “la donna” della banda è Sandra (Carlotta Antonelli), figlioccia di Leonardo e Ghigo, infatti suo padre era uomo del gruppo, prima di finire in galera per un loro precedente colpo. Questa banda, per il furto della serie, opera nella fortezza impenetrabile – ma evidentemente no – del World Diamonds Centre di Anversa, roccaforte dei diamantai, storicamente indiani e ebrei, popolo che – per evidente casualità – in queste giornate in cui la serie esce è drammaticamente in primo piano nella cronaca internazionale, ma Tavarelli parla naturalmente di “un’incredibile coincidenza” e precisa, inoltre, a supporto di una certa leggerezza di tono, che “tutto quello che di ebraico c’è è messo in scena con massimo rispetto. Tutto quello che ha attinenza col mondo ebraico è passato attraverso Elia Schilton (Levi, colui che apre le porte del mondo dei diamanti a Leonardo), che è un osservante: non sarebbe mai stato messo in scena niente di irridente”.
Uscendo poi dalla banda natale, altra figura femminile è quella della moglie di Notarbartolo, interpretata da Anna Foglietta, che introduce un altro personaggio, suo padre, il generale a cui dà vita Remo Girone, insieme a Rupert Everett (l’avvocato Jhon Lovegrove) e Malcolm McDowell (Gerald Kahn) le grandi star della serie. Per l’attrice: “le tante Anna della vita convivono con le tante del personaggio. Lei viene da una famiglia rigorosissima: è una gran donna che, tradita dall’uomo, rimane sconcertata. Del padre non posso dire molto ma averne uno di quel tipo avrà un risvolto straordinario. Il mio personaggio affronta un empowerment personale molto interessante. Il vero Notarbartolo mi aveva cominciato a scrivere su Istagram e io ero un po’ titubante a rispondere, poi l’ho conosciuto e confermo sia squisito: tiene a dire che lui non truffa, ma ruba”.
Rossi Stuart – che nella serie rompe la quarta parete, e spesso parla in camera, direttamente con il pubblico, usanza a cui la serialità ci ha abituati, da House of Cards in là – ammette che questa modalità lo abbia “molto stimolato: per un attore è una bella sfida e la macchina da presa diventa sempre più un’amica con cui giocare. Partecipare a una produzione così forte a livello di mezzi è stata anche una sfida”, forse anche di spirito, perché emerge un interprete inusuale, più ironico dell’aplomb a cui ci ha abituati e, a questo proposito, del suo personaggio dice: “gli ho voluto molto bene. È stata un’occasione. Molti diranno: ‘finalmente Kim esce… dall’essere sempre così serioso, integerrimo’; sto cambiando tanto, chissà che la serie abbia sturato qualcosa di inarrestabile, è stata anche un po’ liberatoria. Sicuramente – secondo questo spirito – tra i miei attori preferiti c’è Jim Carey”.
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