Ken Loach: whisky, amore e disoccupazione


CANNES – The Angels’ Share ovvero la parte degli angeli, quella piccola percentuale di whisky che evapora durante il complesso processo, quasi artistico, che porta alla nascita del prezioso distillato. Nasce attorno a questa bella metafora il nuovo film di Ken Loach, una commedia proletaria che riporta il cineasta inglese, Palma d’oro con Il vento che accarezza l’erba, in concorso a Cannes. Il 75enne regista è affiancato dallo sceneggiatore di sempre Paul Laverty e dalla fedele produttrice Rebecca O’Brien nel realizzare una storia che fa tenerezza e strappa molti sorrisi. Quella di un giovane delinquente di Glasgow, Robbie, condannato al lavoro socialmente utile dal magistrato, nonostante un grave atto di violenza commesso (ha ridotto in fin di vita un ragazzo in pratica senza motivo). Ma ora Robbie vuole rimettersi in riga, perché sta per nascere il suo primo figlio ed è innamoratissimo della sua ragazza Leonie, anche se tutti sembrano volerlo ritirare dentro alle gang. Finché non incontra, insieme ad altri tre coetanei emarginati quanto lui, un appassionato di whisky che lo introduce in quel mondo magico dove potrà mettere a frutto il suo talento anche con un piccolo inganno. Robbie è interpretato da Paul Brannigan, un ragazzetto dai penetranti occhi blu che ha una storia simile al suo personaggio: “Ero in una comunità a Glasgow, tra l’altro pieno di debiti, quando ho conosciuto Laverty e la mia vita è cambiata”. Coprodotto dai Dardenne e da Pete Gallagher, The Angels’ Share, uscirà in Italia con la Bim.

 

Perché una commedia dopo il drammatico “Route Irish”?

Per me il processo è lo stesso e anche l’estetica. Si tratta di aiutare le persone a elaborare delle esperienze ispirandosi al mondo che ci circonda, alla vita reale. La vita è così, a volte fa piangere, a volte fa sorridere. Anche questa storia si potrebbe raccontare in modo drammatico, come avveniva in Sweet Sixteen. Diciamo però che è più difficile fare una commedia, se vogliamo proprio essere onesti.

 

Quella della disoccupazione giovanile è un’emergenza che ci riguarda tutti.

Non volevamo scrivere un trattato di sociologia, ma il film racconta un bel po’ di questa società che ormai ha raggiunto cifre impressionanti di disoccupazione giovanile con milioni di ragazzi di classe povera e magari anche diplomati senza lavoro e senza futuro, con lavori precari e sottopagati. Bisogna essere dei pazzi per non capire che questa è una tragedia e se uno ha un figlio si angoscia anche di più.

 

Il film tuttavia vuole trasmettere una speranza, la possibilità di un cambiamento.

Se è vero che la crisi economica è spaventosa – e le situazioni di degrado sociale che si vedono nel film ne sono un esempio – le giovani generazioni possono invertire la rotta, perché i cambiamenti nella storia vengono sempre dal basso e non certo dai leader. Casa, lavoro, sanità, scuola e previdenza sociale sono delle priorità, dei diritti inalienabili, altrimenti corriamo il rischio di tornare indietro di decenni. Non sto dicendo niente di rivoluzionario, ma è ora di dare risposte specie ai giovani, alle loro domande semplici. Ci sono milioni di abitazioni sfitte e giovani senza casa, è ora di occuparle. Questi sono tempi pericolosi, le difficoltà economiche, il malcontento possono far emergere dei leader, e sappiamo cosa significa questo, l’estrema destra in situazioni così può prendere il sopravvento. Vediamo giorno dopo giorno che i ricchi sono sempre più ricchi, i poveri sempre più poveri e quello che stiamo vivendo è pianificato, perché con la crisi c’è un numero molto ristretto di persone, forse l’1%, che si arricchisce, ricavando milioni di euro.

 

Perché la scelta dei sottotitoli in inglese nella versione che abbiamo visto qui al festival? Lo scozzese è troppo difficile?

I sottotitoli sono rivolti al pubblico internazionale che può avere difficoltà con l’accento scozzese dei protagonisti. Il linguaggio del film è quello usato dai giovani di Glasgow. Ci sono tante parolacce e in Gran Bretagna ci hanno chiesto di toglierne un po’ per evitare un divieto ai minori di 18 anni. La classe media britannica è ossessionata dalla volgarità…

 

Cosa condivide con i Dardenne, che sono coproduttori del film?

L’osservazione della vita quotidiana, della commedia umana, il racconto delle storie della gente comune.. e la passione per il football.

autore
22 Maggio 2012

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