Ken Loach parla di ritiro dal set dopo 60 anni di cinema

Alla vigilia dell’uscita di ‘The Old Oak’ negli USA, 'Variety' intervista l'87enne regista britannico, che parla anche del suo “grande rispetto per il discorso di Jonathan Glazer agli Oscar”


Quella che oggi viene pubblicata da Variety, la più prestigiosa testata di spettacolo americana, è una notizia che molti cinefili al di qua e al di là dell’oceano sperano sia un ‘pesce d’aprile, pur se fuori tempo massimo.

Dopo una carriera di oltre 60 anni, infatti, Ken Loach, due volte vincitore della Palma d’Oro e autore di una serie di amatissimi film come Kes, Il vento che accarezza l’erba, Terra e libertà, Sweet Sixteen, Riff Raff, My Name iI Joe e I, Daniel Blake, parla col quotidiano online dell’uscita negli States del suo The Old Oak, facendo capire in più momenti che si tratterebbe del suo ultimo lungometraggio (l’intervista integrale di Alex Ritman sul sito di Variety).

Il regista e attivista aveva già annunciato in più di un’occasione il suo ritiro dal set, e quando in vista del Festival di Cannes del 2023 affermò che The Old Oak sarebbe stato il suo ultimo film, in molti non gli avevano creduto, pensando che sarebbe tornato presto a puntare il suo obiettivo su un’altra ingiustizia sociale: da allora però sono trascorsi altri 10 mesi, e anche le attuali condizioni del mondo non sembrano le più adatte per trascinarlo, a 87 anni, di nuovo dietro la telecamera, scrive Ritman.

Dal punto di vista della salute, penso che l’idea di riprendere di nuovo a girare sia un passo troppo impegnativo“, spiega Loach al quotidiano online. “Ti fermi solo quando devi assolutamente farlo, e io ho raggiunto la fine della mia strada“. Tuttavia il regista insiste sul fatto che l’attuale ciclo di impegni mediatici, come le interviste su ogni film per discutere le questioni sociali mostrate sullo schermo, è tutt’altro che un tour d’addio. “Cerco solo di pensare al futuro e di non essere nostalgico”, dice. “Non fare film non significa che il legame con i film, con gli studenti e con le persone che scrivono di film finisca in alcun modo. In questo senso sono fortunato, ho tante possibilità di fare cose simili al mio lavoro, pur se non allo stesso livello di concentrazione e di viaggi”.

Per Loach, che festeggiò la sua prima Palma d’Oro (Il vento che accarezza l’erba) col suo solito basso profilo di una semplice tazza di tè, i momenti salienti dei suoi sessant’anni al cinema sono “le straordinarie relazioni e amicizie” che ha stretto lungo la strada. Una su tutte: è ancora in contatto con David Bradley, lo straordinario attore che nel 1969 scelse come giovane protagonista del suo Kes, quando aveva solo 14 anni. “Ora si avvicina ai 70 anni ed è sempre lo stesso ragazzo”, dice il regista. “Ci incontriamo ogni tanto per gli auguri di Natale. Ma è successa la stessa cosa nella maggior parte dei miei film: quella connessione umana è una delle cose più belle”.

Fin dal suo primo film – la fiction televisiva Cathy Come Home del 1966 – Ken Loach ha affrontato innumerevoli argomenti, dai senzatetto alla povertà, alla salute mentale, ai diritti dei lavoratori, allo stato sociale e alla gig economy, oltre a periodi storici come l’indipendenza irlandese e la guerra civile spagnola. The Old Oak, invece, collega questioni sia nazionali che internazionali, con la storia di una famiglia di rifugiati siriani inviati dalle autorità britanniche a vivere in un’ex città mineraria abbandonata a se stessa nel nord dell’Inghilterra,  dove i nuovi arrivati ​​​​diventano facili capri espiatori.

Ma c’è un altro tema che sta a cuore al regista, sul quale non è mai riuscito a fare un film, al centro dell’intervista di Variety: la Palestina. “Era un argomento su cui mi sarebbe piaciuto lavorare, ma non sapevo bene come affrontarlo”, dice. “Avrebbe dovuto essere un documentario, ma era un progetto troppo grande, al di là delle mie possibilità negli ultimi dieci anni”. Sulla tragedia palestinese, già ai BAFTA Loach e il cast di The Old Oak erano stati espliciti nel loro sostegno al cessate il fuoco a Gaza, parlandone sul tappeto rosso e posando con un cartello che diceva “Gaza: Fermate il massacro”.

Due settimane dopo, Glazer ha tenuto il suo discorso agli Oscar, dove ha vinto la statuetta per il miglior lungometraggio internazionale: il regista di The zone of interest ha fatto riferimento alla violenza in Medio Oriente, affermando che il suo film, ambientato ad Auschwitz, “mostra dove porta la disumanizzazione al suo livello estremo. “Glazer è stato molto ‘attaccato’ per il suo discorso”, commenta Ken Loach, “ma ha anche ottenuto “molto sostegno da moltissimi ebrei, e ciò rompe lo stereotipo secondo cui tutti gli ebrei sostengono ciò che sta facendo Israele, perché chiaramente non è così”. E conclude: “Glazer è stato ‘molto coraggioso’ nel dire quel che ha detto conoscendo le possibili conseguenze, il che lo rende ancora più coraggioso: quindi ho un grande rispetto per lui e il suo lavoro”.

 

The Old Oak uscirà il 5 aprile al Film Forum di York, il 12 aprile al Laemmle Royal di Los Angeles, per poi venire diffuso a livello nazionale. La corsa al Film Forum sarà accompagnata da una retrospettiva di oltre 20 film di Loach, tra cui Kes, Il vento che accarezza l’erba, Riff-Raff, Povera mucca, Io, Daniel Blake e altri, a partire dal 19 aprile.

 

 

 

redazione
02 Aprile 2024

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