Una delle figure più controverse degli ultimi anni, Julian Assange, è stato scarcerato. Dopo cinque anni di prigione nel Regno Unito, il cofondatore di WikiLeaks è tornato in Australia da uomo libero, dopo essersi dichiarato colpevole in un accordo con la giustizia statunitense. La condanna di 62 mesi che gli verrà inflitta, infatti, equivarrà al periodo scontato nel carcere londinese. Sembrerebbe, dunque, essere finita una vicenda giudiziaria iniziata nel novembre del 2010, quando WikiLeaks rese di pubblico dominio oltre 251.000 documenti diplomatici statunitensi, rivelando svariati crimini di guerra del governo USA e rendendo il giornalista australiano un criminale ricercato per spionaggio e, al tempo stesso, un eroe celebrato in tutto il mondo.
La storia di Assange ha saputo affascinarci per quasi un quindicennio, dando vita a innumerevoli film e documentari incentrati sulla sua figura. Nel 2013 se ne interessa il regista premio Oscar Alex Gibney, che realizza il documentario We Steal Secrets: The Story of WikiLeaks. Il film – eletto miglior documentario dalla PGA – ripercorre diversi decenni della vita di Assange (che non interviene attivamente nella produzione, anzi ne critica alcuni passaggi), fino ad arrivare alla fatidica pubblicazione dei documenti secretati.
Dello stesso anno è Il quinto potere, diretto da Bill Condon, con Benedict Cumberbatch nei panni di Juliane Assange e Daniel Brühl in quelli del portavoce tedesco di WikiLeaks Daniel Domscheit-Berg. Nonostante un autore come Condon, vincitore del Premio Oscar per la sceneggiatura di Demoni e dei, e un cast di spicco in cui troviamo tra gli altri Stanley Tucci, Laura Linney e Alicia Vikander, il film si rivela un insuccesso di critica e un flop colossale al botteghino, incassando appena 8,6 milioni contro un budget di 28 milioni. Forse a causa di questo fallimento, Il quinto potere è, ad oggi, l’unico film di fiction ad alto budget dedicato ad Assange.
Tre anni dopo, un’altra documentarista da Oscar, Laura Poitras, decide di raccontare la sua versione dei fatti. Risk, presentato alla Quinzaine del Festival di Cannes 2016, è un ritratto a tutto tondo del giornalista australiano che si concentra sui rischi che ha corso insieme ai suoi collaboratori, senza dimenticarne le sue tante contraddizioni, comprese quelle relative alle accuse di molestie sessuali ricevute e al ruolo di WikiLeaks nelle elezioni statunitensi del 2016. Nel 2017 la regista decide di rimontare il film per sottolineare maggiormente le risposte di Assange alle accuse ricevute, probabilmente infondate.
Nel 2017, infine, Julian Assange compare nel documentario di Adam Bhala Lough presentato in concorso al Sundance Film Festiva, The New Radical, incentrato su un gruppo di giovani critto-attivisti che attaccano il sistema attraverso l’uso della tecnologia. Un film che ci permette di comprendere le ragioni che hanno spinto il giornalista e attivista australiano a combattere una battaglia lunga e faticosa, che sembra finalmente giunta al termine.
La terrificante avventura della speleologa Ottavia Piano si è conclusa positivamente. Da Il buco a Sanctum, il cinema ci offre gli spunti per provare a immedesimarci in quello che ha provato