Dopo le storie di guerra e morte arrivate dal fronte iracheno con Redacted di Brian De Palma e In the Valley of Elah di Paul Haggis, al Lido spunta un racconto di pace. Ad offrircelo Jonathan Demme e il suo documentario su Jimmy Carter, Man from Plains incluso nella sezione Orizzonti. Trentanovesimo presidente degli Stati Uniti, vincitore del premio Nobel per la pace, Carter nacque nel 1924 in una piccola fattoria di Plains, in Georgia. L’uomo che nel 1978 fece cessare la guerra trentennale tra Egitto e Israele con una trattativa di 12 giorni a Camp David, lavora ancora oggi attivamente per migliorare le condizioni di vita di molti e riuscire a portare la pace nel mondo. Progetti che realizzò grazie ad organizzazioni come Habit for Humanity, che si occupa di costruire abitazioni dove ce n’è bisogno, e il Carter Center, associazione no profit fondata dallo stesso presidente insieme alla moglie Rosalynn nel 1982, attiva in più di 65 paesi con i compiti più svariati tra cui il servizio di monitoraggio durante le elezioni in nazioni considerate a rischio di brogli. Filo conduttore per il ritratto di una persona straordinaria come Carter in Man from Plains, la campagna promozionale dell’ultimo libro scritto dall’ex presidente “Palestina: pace non apartheid”. Best seller pubblicato lo scorso anno negli Usa che suscitò polemiche fin dal titolo. E’facile capire come si possa rimanere affascinati da una figura come quella di Carter e perchè uno come Jonathan Demme, che ha alle spalle film come Neil Young: Heart of Gold e The Agronomist, abbia voluto seguire l’ex presidente nel suo viaggio per gli Usa.
Come è nato il progetto?
Si è presentata la possibilità di conoscere Jimmy Carter e non me la sono lasciata sfuggire. L’ho sempre ammirato e incontrarlo non mi ha per niente deluso. E’ un uomo che ama la pace e gli esseri umani al di sopra di qualunque cosa.
In che modo ha organizzato il lavoro?
Non intervisto mai la persona su cui voglio girare un documentario. Preferisco trovarmi lì con la macchina da presa mentre dice delle cose o gliene accadono delle altre. Sono stato felice di aver potuto riprendere un momento in cui Carter ricorda sua madre, donna per la quale ha una vera adorazione. Un pizzico di fortuna poi ha fatto sì che la scena fosse anche di forte impatto emotivo.
Perchè si è creato tanto clamore intorno al libro “Palestina: pace non apartheid”?
I media negli Stati Uniti non fanno più informazione ma intrattenimento. Sono più occupati a raccontare la vita dei Vip che non a parlare di politica estera o della situazione in Iraq o in Israele. C’è troppa superficialità a cominciare dai giornalisti. La maggior parte di quelli che hanno intervistato Carter per il libro si è limitato solo a leggere la copertina e non tutto il volume e sa perchè? Il titolo poteva essere frainteso, creava subito il dibattito ed è questo che gli serve, la finta notizia da offrire. Una polemica che faccia audience.
E’ d’accordo su quanto affermato nel libro: se gli israeliani si ritirassero dai territori occupati in Cisgiordania e abbattessero il muro le cose cambierebbero?
Si può essere a favore o contrari alle opinioni di Carter ma penso che lui abbia molti elementi per poter giudicare a fondo. E stato lì, è profondamente religioso e quindi sempre dalla parte degli uomini, e in più ha della terra che appartiene alla sua famiglia da più di un secolo. E questo gli permette sicuramente di capire cosa significa venire privati della propria terra per costruire un muro. Una recinzione che per di più divide gli stessi palestinesi da altri palestinesi.
Come mai il documentario sta tornando così in voga negli Usa ultimamente?
Mancando uninformazione libera i cittadini cercano le notizie in altri modi.
Il suo film qui è stato accolto da una standing ovation. Riesce ad immaginare come andrà negli Usa?
Abbiamo fatto solo un paio di proiezioni private prima di portarlo qui in anteprima mondiale e i risultati sono stati incoraggianti, specie con i ragazzi. Molti sono rimasti sorpresi nel vedere come uno di 83 anni che per giunta è stato il presidente del loro paese quando neanche erano nati, sia ossessionato dalla pace e abbia una visione così precisa di come oggi sia ancora possibile ottenerla per tutti. Loro hanno Bush Jr. il presidente sotto cui sono cresciuti come pietra di paragone, un uomo che perpetra solo le ragioni della guerra. Quei ragazzi ora sanno che si può essere presidenti degli Stati Uniti in modo del tutto diverso.
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