Gabriele Salvatores sta girando a Vilnius, capitale della Lituania, Educazione siberiana, un film estremamente ambizioso con John Malkovich, Peter Stormare e Eleanor Tomlinson, tratto dal romanzo di Nicolai Lilin (Einaudi). Per il regista premio Oscar si tratta di un western al contrario (lo definisce un Eastern) e di una sorta di nuovo debutto. “E’ la prima volta che giro in inglese e che lavoro con attori totalmente nuovi, mentre di solito ho sempre ricreato una specie di gruppo familiare, tanto che il mio psicanalista mi ha detto che era giunto il momento di diventare adulti. Educazione siberiana è anche il mio primo film che abbia una dimensione così vasta di racconto (si svolge dalla fine degli anni ’80 alla fine dei ’90) ed è, infine, il mio primo film in costume”.
Il libro da cui è tratto, tradotto in 14 lingue e al centro di controversie sulla sua veridicità, racconta di una comunità siberiana, una sorta di mafia con forti risvolti mistici. Qui si ritrovano tutti criminali che si definiscono “delinquenti onesti”. Tra le regole: il disprezzo del denaro e dei potenti in genere (potenziali corruttori), dei poliziotti e dei comunisti (si ritrovano a vivere nella Transnistria in cui sono stati deportati dall’Unione Sovietica), l’amore invece per le armi, per i tatuaggi, per le persone che hanno disagi fisici e mentali (proprio come era per i Pellerosse) e per la religione (oltre alle armi i criminali onesti spendono tutti i loro soldi per preziose icone).
Il tutto viene raccontato attraverso le vicende di due ragazzi Kolima (Arnas Fedaravicius) e Gagarin (Vilius Tumalavicius) che si ritroveranno a comportarsi in maniera opposta rispetto alle loro tradizioni con l’avvento della globalizzazione. “E’ stato sempre un mio vecchio sogno girare un western – dice Salvatores – del western mi piace il fatto che ci sono sempre personaggi estremi e situazioni in cui ci si deve comportare al massimo e confrontarsi con il proprio destino. Mi piacciono poi i vecchi killer, una volta bravissimi a sparare, e ora in difficoltà… Ho trovato molte di queste cose nel libro di Nicolai, anche se mancava una vera storia portante e così insieme agli sceneggiatori Stefano Rulli e Sandro Petraglia abbiano cercato di trovare una linea narrativa e sviluppare, ad esempio, il tema dell’importanza degli anziani in questa comunità che affida proprio a loro l’educazione criminale dei figli (Malkovich interpreta appunto nonno Kuzja)”.
Non c’è invece l’intento di parlare dell’Unione Sovietica e della sua caduta. “Il film non racconta situazioni strettamente politiche o sociali. In questa storia, al contrario, la lontananza che c’è dalla realtà è quasi un valore aggiunto. Non volevo raccontare come era allora l’Urss e oggi la Russia, ma di questi ragazzi che crescono in un mondo che cambia e si globalizza”. Nicolai Lilin è totalmente d’accordo sulla sceneggiatura e, tra l’altro, spiega il regista “è l’autore dei tanti tatuaggi del film ed è stato il nostro consulente per le armi. Da lui tanti contributi tra cui una canzone russa tradizionale che ci ha cantato e che sarà nel film”. Educazione siberiana, infine, non è affatto un film violento o cupo. “Il mio lavoro più cupo è stato sicuramente Denti – dice Salvatores -, qui c’è anche una storia d’amore. Per quanto riguarda la violenza che è molto forte nel libro ho adottato il sistema di non farla vedere, così diventa anche più forte”.
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