BERLINO – È un biopic brillante e a tratti toccante il film di Gus Van Sant in concorso alla Berlinale, Don’t Worry, He Won’t Get Far On Foot, ispirato all’autobiografia del vignettista tetraplegico John Callahan, di Portland, in Oregon, scomparso nel 2010. Un personaggio irriverente e politicamente scorretto, che nascondeva dietro la sua tagliente ironia una certa irrisolta sofferenza personale, le cui strisce sono apparse per quasi trent’anni sul periodico americano Willamette Week. Finito ventenne sulla sedia a rotelle con l’uso solo parziale delle braccia a seguito di un tragico incidente d’auto, John Callahan, che ha problemi di alcolismo sin dall’adolescenza, inizialmente non può vedere altro rifugio che il bere. L’incontro, poi, con un gruppo di terapia per alcolisti con tanto di guru che elargisce precetti per il cammino, unito alla relazione con una donna (Rooney Mara), lo aiuta a risollevarsi e mettere a frutto il suo un talento per il disegno. “L’idea di realizzare un film su questa storia è arrivata da lontano”, racconta Gus Van Sant: “Negli Anni ’90 Robin Williams, che aveva opzionato i diritti dell’autobiografia di Callahan, mi aveva invitato a lavorare all’adattamento. Gli piaceva il personaggio e il suo lavoro, ma oltre che produrre il film era anche interessato a interpretarlo, probabilmente come omaggio al suo amico Christopher Reeve, rimasto paralizzato in seguito a un incidente a cavallo”.
Incapace di controllare la penna con una sola mano, Callahan lavorava tenendola con due mani e disegnando dalle spalle, riuscendo a canalizzare i suoi limiti in uno stile che è diventato il tratto distintivo delle sue strisce, esilaranti, spigolose, a volte anche volgari e politicamente scorrette, che hanno spesso protagonisti con qualche disabilità. “Il film si mantiene il più possibile vicino alla sua biografia anche se si concentra su un periodo particolare della sua vita, a ridosso dell’incidente. Molti dei dialoghi erano già presenti nel libro, altri li ho aggiunti in base alla mia esperienza. Del resto, andandomi poi a documentare sui fatti accaduti, mi sono accorto che John stesso era uno storyteller, che cambiava o esagerava le cose nel raccontarle”, rivela il regista che ha conosciuto personalmente il vignettista. “Era una persona abbastanza nota a Portland, la cosa che ricordo di lui è che lo vedevo sempre correre sulla sua sedia a rotelle, non poteva magari più sciare o fare skate, ma andava molto veloce con quella sedia su e giù dai marciapiedi”.
Indiscutibilmente per Callahan arte e creatività si sono rivelati una cura, anche se, sottolinea Gus Van Sant, John in realtà era un artista anche prima dell’incidente e il suo è un lungo percorso di riabilitazione, di cui la componente fisica è solo un aspetto mentre la parte più importante è la liberazione dall’alcol. “Perché il bere è la vera disabilità”, fa eco Joaquin Phoenix, che interpreta il sagace vignettista e torna a lavorare con Van Sant a più di venticinque anni da To Die For. Phoenix, che ammette di essersi anche in parte divertito sul set grazie alla profonda ironia del personaggio che ha interpretato, rivela di aver letto molte volte l’autobiografia di Callahan, e di aver anche incontrato diverse persone che hanno avuto percorsi simili al suo: “E’ stato difficile avvicinarmi a loro, ognuno reagisce differentemente all’incidente e il cambiamento fisico ha impatto diverso da persona a persona”. Nel cast anche Jack Black, Carrie Brownstein, Beth Ditto e Kim Gordon.
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