Il 24enne James Dean, che nell’inverno del ’55, sotto la pioggia, cammina per Times Square a New York con una sigaretta: un’immagine ancora famosissima sessant’anni dopo. Un’icona del divo che sarebbe morto pochi mesi dopo e che ha contribuito a creare il suo mito insieme alla sua precoce dipartita in un incidente d’auto, quando aveva al suo attivo solo tre film da protagonista: La valle dell’Eden, Gioventù bruciata e il postumo Il gigante. Incredibile tripletta in un anno in cui sembra aver bruciato una vita intera. Quella foto storica fu scattata dall’altrettanto giovane Dennis Stock per la rivista Life. Oggi un film ci mostra l’incontro fra questi due quasi coetanei, due ragazzi americani in un’epoca di inquietudine e ribellione che preludeva alla contestazione e alla nascita del concetto di giovinezza come valore assoluto. Li racconta Anton Corbijn, prima che regista fotografo nato proprio nel 1955, in Life, in sala l’8 ottobre con la Bim. L’olandese Corbijn – autore sopratutto del notevole Control, sulla morte di Ian Curtis, il cantante dei Joy Division – sembra aver messo molto di personale in questo suo progetto, più intimo rispetto ai recenti The American e La spia A Most Wanted Man.
Nei panni del divo di Gioventù bruciata troviamo l’acerbo e imbronciato Dane DeHaan (Come un tuono, Giovani ribelli), in quelli del fotografo della Magnum c’è invece Robert Pattinson (ormai sdoganato da Twilight), mentre l’italiana Alessandra Mastronardi è Anna Maria Pierangeli, raccontata nel momento in cui lascia platealmente James Dean per sposarsi con Vic Damone, proprio durante il lancio di East of Eden di Elia Kazan.
James Dean come personaggio è stato portato al cinema una quantità di volte. Tra i tanti anche James Franco l’ha impersonato in tv, ma forse l’unica citazione memorabile è quella di Robert Altman in Jimmy Dean Jimmy Dean (1982) dove veniva evocato ma era il perno narrativo. La scelta di Corbijn è stata quella di un interprete poco mimetico. “Erano in molti a voler interpretare Jimmy – dice il regista – ma io volevo incontrare prima Dane, che però non voleva incontrare me perché James Dean era il suo attore preferito e non se la sentiva di interpretarlo”. Così l’attore ha detto di no cinque volte, prima di accettare. A fargli cambiare idea è stata una conversazione con il produttore Iain Canning: “Mi ha spiegato di cosa parlava il film e mi ha detto che era un’occasione per mostrare chi era veramente James Dean. La gente ha un’idea sbagliata di lui”.
Ecco allora un personaggio colto proprio poco prima che il fenomeno esploda, quando solo alcuni riescono a intuire il suo carisma dietro gli atteggiamenti da adolescente scontroso. Dennis Stock vuole fotografarlo a tutti i costi e vuole che il suo servizio vada oltre le convenzioni delle immagini scattate sul set di turno. Perciò rincorre Jimmy, umorale e sfuggente, incapace di tener fede a un impegno, continuamente rimproverato dal boss della Warner che lo tiene sotto contratto e sotto controllo e che tentenna a fargli affidare il ruolo nel film che Nicholas Ray deve girare, Rebel Without a Cause, di cui in effetti diventerà l’icona. Tutto è magmatico e indefinito, insomma. Ed è in questo clima che i due uomini si incontrano e scontrano (Stock sta quasi per mollare, accettando l’incarico di un servizio fotografico su Marlon Brando in Giappone), passano una serata ad alto tasso di benzedrina insieme a due ragazze occasionali, infine decidono di partire verso l’Indiana, dove Jimmy farà visita (per l’ultima volta, ma non può saperlo) alla fattoria della sua famiglia, agricoltori quaccheri. Ed è in questa situazione sospesa, lontana dai riflettori di Hollywood e dalla frenesia jazz di New York, che scatta l’alchimia in momenti così intimi e speciali che la Leica sembra davvero poter cogliere l’anima di quello strano ragazzo.
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