Germania, 1962. Pietro, un bambino 9 anni orfano di madre (Tiziano Talarico) parte per ritrovare il padre emigrato in Germania, di cui da tempo non si hanno notizie. Insieme a lui, un sedicente amico del genitore (Francesco Scianna), giovane dai trascorsi dubbi in cerca di un riscatto personale in terra teutonica, pronto a qualunque cosa più di ottenerlo. Sono questi gli “Itaker” – ovvero, “italianacci” – del film omonimo di Toni Trupia, voluto da Michele Placido che co-sceneggia e si ritaglia un ruolo da coprotagonista. “Quando Placido mi ha dato lo spunto – racconta il giovane regista – mi ha messo un po’ in crisi, perché si trattava di un periodo che non ho vissuto. Lui è partito da una vicenda che aveva sentito, ma io non avevo alcuna intenzione né prefigurazione di girare un film sull’emigrazione. In più, il protagonista è un bambino, e l’idea di lavorare con un bambino, che è difficilissimo, mi terrorizzava. Ma ho trovato un po’ d’ispirazione nella mia storia personale, perché la mia famiglia è emigrata in Belgio e lì hanno trovato sì il benessere, ma anche l’isolamento. Abbiamo legato il tema a quello della paternità, della ricerca di radici e di identità. Man mano, lavorando, mi sono reso conto che al cinema si è parlato molto della prima ondata migratoria pensiamo a Il Padrino Parte 2 o a Nuovomondo, ma non della seconda, con presupposti totalmente diversi. E’ l’era del boom, non è più la sopravvivenza a spingere gli italiani fuori dal paese, ma la necessità di adeguarsi a uno status. Si partiva per comprarsi il frigorifero, con l’idea magari di stare fuori qualche mese, e restarci invece per tutta la vita!”.
Costato 2 milioni e 300mila euro, il film è una co-produzione italo-rumena: “Non ci credevano nemmeno loro, quando hanno letto la storia racconta Placido dicevano ‘gli italiani sono stati come noi, bellissimo! Non è stata una collaborazione tanto per prendere qualche soldo, c’è stata una vera partecipazione emotiva”. C’è spazio anche per un po’ di polemica: “Il film era pronto a settembre – prosegue Placido – abbiamo provato a presentarlo ai festival ma lo hanno rifiutato. Anche il mio amico Mueller. Hanno detto che era troppo classico, che non era da festival. Ad Amelio non è piaciuto il bambino. Saranno i critici a dire se il film è bello o brutto, ma io ritengo che quando c’è questo genere di sforzo, vada comunque premiato. Qualcuno si dovrà pur chiedere: perché Placido dice a un giovane regista di fare un film così?”
Sulla distribuzione, che sarà a opera di Istituto Luce Cinecittà, interviene l’amministratore delegato Roberto Cicutto: “Più che parlare di copie, mi preme sottolineare alcuni aspetti di quello che significa fare distribuzione oggi. Non è facile, ma molti non sanno che le sale chiedono un minimo garantito per montare il film. Sui giornali prima si riusciva a far passare un messaggio, al di là della critica e del colore, che mirasse a un apporto generale alla cultura e non solo alla critica e al colore”. Il 29 novembre Itaker – Vietato agli Italiani sarà in sala in tutti i capozona, con occhi di riguardo particolari per la Sicilia, dove il 3 dicembre si terrà un’anteprima a Palermo. “Dopodiché – dice Placido – ho intenzione di portare il film in tour”.
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