VENEZIA – Vengono da Paesi lontani i due film più apprezzati della selezione delle Giornate degli Autori, che ha dato spazio alla Cina dell’esordiente Pengfei con Underground Fragrance, e all’India di un’altra giovane regista alla sua opera prima, Richika Oberoi con Island City.
Nato a Pechino nel 1982, Pengfei ha esplorato con Underground Fragrance le trasformazioni della Cina contemporanea, soprattutto della sua grande metropoli, attraverso le storie di un giovane migrante che vive nei sotterranei della città riciclando vecchi mobili recuperati e di un uomo che, in superficie, cerca di evitare che le autorità gli demoliscano la casa. “Ho passato alcuni anni in Francia per studiare, poi sono tornato a Pechino – ha detto il regista a CinecittàNews – e sono rimasto impressionato dalla velocità che la contraddistingue, con palazzi che sorgono o vengono demoliti nel giro di una settimana e persone che vanno a fare la spesa in Giappone, salvo poi scoprire che hanno comprato cose made in China, spendendo anche di più”. L’attore che interpreta il ragazzo che vive nei sotterranei è Luo Wenjie, famoso modello cinese: “E’ un attore che ha un impatto forte già dal primo sguardo – ha spiegato Pengfei – prima di fare il modello ha lavorato in un ristorante, quindi ha esperienza anche di quel mondo. Con lui e Ying Ze, che interpreta la ballerina di pole dance di cui si innamora, ho fatto un lavoro intenso prima di girare. Hanno vissuto per due mesi nei sotterranei per capire cosa si provasse e poi hanno incontrato persone che facevano davvero il mestiere che loro avevano nel film”. Underground Fragrance è stato realizzato anche grazie al sostegno di Cinemart, dell’Atelier di Cannes, del Production Award, del TorinoFilmLab e del Sundance Screenwriters Lab Award, e contiene una sfida notevole dal punto di vista tecnico: “E’ stato difficilissimo girare nei sotterranei – ha spiegato il regista – dovevamo procedere per turni: prima solo gli attori per provare le scene, poi il direttore della fotografia per verificare le luci, poi il resto della troupe per i movimenti di macchina e tutto il resto. Se qualcosa non andava, bisognava rifare tutto da capo”.
Tutto diverso il tono e lo stile di Island City, film in tre episodi carico di umorismo nero diretto da Richika Oberoi e ambientato nella cangiante Mumbai. Il primo inquadra un impiegato modello che viene premiato con il Fun Committe Award, un premio che gli dà diritto a una giornata di “divertimento forzato”; il secondo mostra un duro capofamiglia in fin di vita in ospedale, che i suoi cari consolano con una soap opera; il terzo racconta l’amore in un pianeta robotizzato. “Ho voluto cogliere un periodo di cambiamento in India, di passaggio dalla tradizione alla modernità, raccontando cose diverse che accadono nello stesso momento”, ha detto la regista, che ha offerto sul suo Paese una molteplicità di prospettive, anche dando un’estetica diversa a ogni episodio. Il curioso “Fun Commitee Award, ha spiegato Oberoi, “esiste davvero, l’ho scoperto quando diedero un coupon a mio marito. Il sistema toglie tutto il divertimento dalla tua vita, poi usa questi mezzi per cercare di restituirlo, ma artificialmente. Le persone vengono lentamente instupidite da un’esistenza quotidiana troppo schematizzata, e a volte non riescono neanche a percepire di essere oppresse”. La regista indiana ha poi sottolineato che il cinema del suo Paese sta vivendo “un momento molto eccitante. Non esiste solo Bollywood, che è un sistema dominante e chiuso, ma anche un fiorire di cinema indipendente che sta raccogliendo premi in tantissimi festival europei”.Anche in questo progetto c’è lo zampino di un laboratorio di sceneggiatura, tenutosi a Venezia nel 2012.
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