Esce con Teodora il 27 agosto, in 60 copie, In un posto bellissimo, il nuovo film di Giorgia Cecere, dopo il successo a sorpresa de Il primo incarico. Anche stavolta la pellicola è interpretata da Isabella Ragonese nei panni di Lucia, una donna semplice che vive nella provincia piemontese, con il marito Andrea (Alessandro Boni), a cui da anni ha lasciato la responsabilità di decidere cosa sia giusto fare in ogni situazione, dedicandosi al figlio e al suo negozio di fiori in centro. All’improvviso, la scoperta del tradimento di Andrea e l’incontro con Feysal, un ragazzo straniero che vende oggetti per strada, stravolgono tutte le sue certezze. Lucia inizia a cambiare e a piccoli passi rientra in contatto con se stessa, trovando infine la forza di dare una svolta alla sua vita. Nel cast anche Paolo Sassanelli e Piera Degli Esposti. Se Il primo incarico era ambientato nella Puglia di cui regista è originaria, questo sposta il centro al Nord: “Una sera mi sono trovata a camminare ad Asti – dice l’autrice – e ho pensato che fosse il luogo adatto per la storia. Ho una gran fortuna per cui poi le cose si sono messe in modo da poter realizzare il film veramente lì. Se un’altra Film Commission si fosse dimostrata più generosa forse mi sarei spostata ma sono felice di come sono andate le cose. L’atmosfera rarefatta permette di guardare dentro alle persone: ci siamo molto allontanati dai nostri sentimenti originari. Confondiamo quello che proveremmo con quello che ci hanno sempre detto di dover provare: spavento, paura, ansia, angoscia.
“E’ un film controcorrente – commenta Ragonese – e il personaggio non mi rispecchia per niente. Questo mi turba e rappresenta al contempo una grande sfida per l’attore. Mi sembrava di esserne posseduta. La protagonista de Il primo incarico era un’eroina, Lucia un’anti-eroina. Inoltre lì lavoravo con attori senza esperienza, mi sono trovata a guidare. Qui ho avuto in Alessandro Boni uno sparring partner ideale e ho lavorato di sottrazione. Il mio personaggio non ha una ‘scena madre’ che faccia da chiave di volta. Ho dovuto tenere una tensione costante per tutto il film. Lucia non riesce a trovare il suo posto nel mondo, è sempre fuori tempo e fuori luogo rispetto agli altri. E’ difficile per me interpretarla, ma forse anche per lo spettatore riconoscersi in un personaggio debole, dato che di solito si tende a identificarsi con personaggi pieni di volontà, che raggiungono un obiettivo dopo mille fatiche. Ma proprio questa sua debolezza mi commuove e mi turba. Il suo vivere in maniera infantile, affidandosi agli altri. Ma forse proprio per questo è quella che, di tutti, ha meno paura. Non ha difese, in senso letterale, e nemmeno barriere. Non ha paura del diverso, di un altro modo di vivere”.
“Il tradimento – dice Alessio Boni – nella coppia può essere un fatto eclatante, ma tra Lucia e Andrea non è quello il punto principale. C’è un filo rosso sotterraneo nei rapporti a due: o si suona lo stesso spartito, che sia classica, folk o jazz – o le cose cominciano a non funzionare. In provincia poi è più vero che mai. Ci si conosce, ci si piace, ci si corteggia, magari si va a messa insieme, si portano le pastarelle ai suoceri, ci si laurea, ci si comporta bene, si decide chi porta il bambino a scuola, chi in palestra, tutto preciso. Ma poi si perde di vista la verità del rapporto. Come pattinatori equilibristi si cammina sulla superficie ma si dimentica il fiume che scorre sotto. Lucia a un certo punto incontra due occhi di brace, quelli di Feysal, che dovrebbe essere, secondo la società, un emarginato, uno da escludere, di cui avere paura. Ma quegli occhi sono sinceri, onesti e puerili come i suoi, e la corda si spezza”. Il ritmo del film è lento e rarefatto, a rinforzare la sua natura intimista: “La magniloquenza mi distrae – dice Cecere – personalmente trovo che non ci sia niente di più noioso di un action-movie. Dopo qualche minuto mi metto a pensare ad altro. Ho sempre pensato invece al cinema come strumento per scavare nei segreti dell’anima, quello è il momento di maggiore intrigo e suspence per me, e confido che ci siano anche altri spettatori con il mio stesso gusto. Non è questione di svuotamento. Il film, per me, è pienissimo.
Dal mio punto di vista ci ho messo tutto quello di cui aveva bisogno”. “Il posto bellissimo del titolo – conclude Ragonese proponendo anche scherzosamente alla regista di completare la trilogia con un altro film insieme – è il tuo posto nel mondo. Arriva a momenti. A me è capitato quando ero sul palco, a volte, di sentire che ero nel mio nido dove tutto era calcolato e perfetto”. “E’ un luogo dell’anima – dice Alessio Boni – che a volte sembra coincidere con un luogo fisico, ma non è così. Da ragazzino andavo in montagna e mi sembrava tutto perfetto, ero coccolato e amato. Ci sono tornato dopo vent’anni ed era terribile. Una volta che hai trovato il tuo posto nel mondo, puoi stare bene anche su un tram”.
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