VICO EQUENSE – È ben contenta di festeggiare il cinema che punta sul sociale, l’attrice siciliana Isabella Ragonese, di ritorno dal set di Il giovane favoloso di Mario Martone. Al Social World Film Festival, nell’incontrare i giovani giurati, ripensa ai suoi esordi: “Ho avuto la fortuna di incontrare il cinema e il teatro molto presto nella mia vita. È importante diffondere la bellezza di queste arti e contagiare i ragazzi, perché poi diventa qualcosa di cui non puoi più fare a meno, almeno così è stato per me”.
Gli anni di esperienza consentono una maturazione attoriale sempre maggiore, ma avverte mai di aver perso di spontaneità rispetto agli inizi?
Non la spontaneità, magari quella faccia tosta di quando inizi e sai che non hai nulla da perdere sì. Ovviamente più vai avanti, più senti la responsabilità di mantenere un certo livello e non scontentare chi ti segue.
Questo è un festival che celebra il cinema sociale. Lei ha debuttato e poi proseguito con pellicole che mostravano forte attenzione alle tematiche sociali. Una scelta mirata?
Io non scelgo tanto i film per la tematica, ma per il piacere di essere stupita. Il cinema italiano è sempre stato attento al reale, credo sia sempre stata la nostra forza, abbiamo fatto di difficoltà virtù non avendo studios enormi a disposizione e ci siamo dedicati a ciò che ci succedeva intorno. L’Italia è un luogo diversissimo dove succedono parecchie cose interessanti, dai misteri ai tanti temi che necessitano una denuncia forte, e che vale la pena raccontare.
Ha mai pensato di farlo lei, in prima persona, dietro la macchina da presa?
Avendo iniziato relativamente da poco a fare l’attrice, sono ancora appassionata al mio mestiere. Spero di continuare, portando avanti parallelamente progetti di cinema e di teatro, e che mi vengano proposti ruoli sempre diversi per offrire una varietà recitativa.
È stata sul set di Mario Martone, il Giovane Favoloso: com’è stato però ritrovarsi con Elio Germano e Michele Riondino?
Credo di fare parte di una generazione di attori con i quali è molto bello lavorare, perché c’è una chiara affinità. Con Elio è la terza volta che lavoriamo insieme, con Michele la seconda, ma già ci conoscevamo dai tempi dei laboratori. È bello ritrovarli ora che sono più conosciuti ma decisi comunque a portare avanti un tipo di lavoro basato su studio, applicazione, passione. Sono attori che stimo e ti facilitano molto il lavoro. E poi sul set con loro mi sento in famiglia.
Che tipo di esperienza è lavorare con Martone?
Stimolante. È un regista che ama molto gli attori, lavorando anche a teatro ne ha una grande stima e un profondo rispetto.
Avere stima e rispetto per un attore vuol dire anche lasciarlo libero di creare, improvvisare?
Anche, ma per me è più costruire insieme: ogni attore ha bisogno di una guida, e in questo senso il regista è fondamentale. Nessuno di noi da solo può fare un buon film, per questo il nostro mestiere consiste il più delle volte nel cercare di entrare nella visione del regista, adattarsi a lui e rintracciare insieme un punto di incontro. Parliamo di una questione aperta che le sta molto a cuore: il cinema e le donne.
Tempo fa fece parte di uno spettacolo, Libere, sostenendo il movimento Se non ora quando. A che punto siamo?
Il cinema va di pari passo con la vita sociale di un Paese. Non si tratta di fare polemica fine a se stessa sulla scarsa attenzione che il nostro cinema ha o meno nei confronti delle donne, ma di porre attenzione sul fatto che occorre pretendere che nei ruoli giusti e nei punti giusti ci siano figure femminili. Questo rispecchia un Paese di cui le donne preparate sono la gran parte. Sono fiduciosa: siamo un pozzo di idee, basta che ce le facciano realizzare.
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