“Io sono Vera”, il dramma ‘quantistico’ di Beniamino Catena

Il film, al cinema dal 17 febbraio, passato a Torino nel 2020, mescola realismo e fantascienza


Io sono Vera di Beniamino Catena, al cinema dal 17 febbraio con No.Mad Entertainment, passato a Torino nel 2020, mescola realismo e fantascienza. Vera, una bambina di undici anni, scompare senza lasciare traccia. Due anni dopo ritorna ma invece di essere adolescente è una giovane donna. Non ricorda niente. I genitori sono sconvolti ma l’esame del DNA conferma che è davvero lei. Quando i ricordi riaffiorano alla memoria, Vera capisce di aver vissuto la vita di un uomo cileno, clinicamente morto, che dall’altra parte del mondo si era risvegliato nello stesso istante in cui lei era svanita nel nulla.

Vera è una ragazzina speciale che per affrontare il primo lutto della sua vita, la morte dell’amato cane, si confronta con l’ignoto desiderando di scoprire cosa c’è oltre la barriera del visibile e del corporeo. Si spingerà oltre così intensamente tanto da riuscire a vivere il suo desiderio di infinito e di fusione con il creato compiendo quindi un viaggio nello spazio intergalattico per poi ritornare, alla fine, sulla Terra.

I personaggi di Elias e Claudio sono portati a confrontarsi con la paura sia di vivere che di morire.

Capiranno che i loro conflitti potranno essere risolti solo a patto di essere se stessi fino in fondo e sconfiggeranno la loro solitudine scoprendo che sono realmente connessi gli uni agli altri. Il film affronta temi quali il rapporto tra vita e morte, paura e accettazione, solitudine e unione con il Tutto.

“Amo la fantascienza – dice il regista – ma l’ho usata in modo iperrealistico lavorando in libertà. Mi interessavano le reazioni emotive dei personaggi rispetto al fantastico e all’irruzione dello straordinario nella vita di una famiglia. Ho girato con una piccola troupe come se fosse un documentario. Abbiamo posto più domande che risposte e non abbiamo dato troppe risposte rispetto a un fenomeno paradossale. Ho fatto almeno 80 film della tv e quindi ho affrontato questo film senza paura ma con una certa ambizione. Ho affrontato temi difficili ma nell’ambito di una fiaba, non è stato facile parlarne ai produttori, ma volevo assolutamente girare in Cile, nel deserto, perché volevamo che la protagonista guardasse le stelle. Abbiamo chiesto ai produttori locali e lì la storia è apparsa semplicissima, conoscono il ‘realismo magico’ mentre in Italia il pitch veniva capito meno. Alla fine pur arrivando a 5mila metri di altezza è stato abbastanza agevole. Un’avventura”. Naturalmente il film si inserisce in un filone ‘di genere’ a cui appartiene anche il Freaks Out di Mainetti: “Lo adoro – dice il regista – si rifà al cinema americano, ma io faccio una cosa diversa. Il mio è un ‘fantastico’ interiore. La nuova fisica ci apre la strada, pensiamo a concetti scientifici come il ‘vuoto quantistico’ che è pieno di energia, ho preso questi elementi per fare qualcosa di molto personale, ed è stato premiato in Corea, in Australia, in Norvegia, in Sudamerica, sembrava senza definizione ma è stato riconosciuto come cinema di fantascienza. E’ una storia ‘quantistica’ veicolata dei sentimenti dei personaggi. Per alcuni però è un dramma familiare, e in effetti lo è. Vediamo una famiglia che ha perso qualcuno che reagisce di fronte a un ritorno incredibile, è la parte più emotiva del film. Mi piace che il film si trasformi, da desertico avventuroso al dramma familiare, che si svolge in una casa”.

Nel suo fondere tematiche filosofiche con temi fantascientifici e realtà di tutti i giorni, sollecitando lo spettatore a trovare le risposte, il film si pone come una sorta di Donnie Darko italiano, pur mantenendo una strada autonoma e originale.

La Vera adulta è interpretata da Marta Gastini: “Una sfida importante – dice l’attrice – che mi ha permesso di confrontarmi con un genere per me nuovo. La costruzione richiedeva un lavoro su più livelli. Il primo era il corpo, l’immagine. Vera doveva avere un’immagine forte, non immediatamente identificabile. Per questo abbiamo pensato a un taglio di capelli corto e un lavoro sul fisico che lo rendesse ‘ibrido’. Il livello interpretativo in sé stesso racchiude altri livelli e personaggi. Vera porta in sé la bambina, la donna, ma anche Elias, un uomo che quando lei scompare si risveglia dall’altra parte del mondo. Il personaggio solleva moltissime domande, ma noi diamo spunti più che risposte vere e proprie, riportando tutto al concreto e alla realtà di sentimenti e relazioni. Conosco una persona che in seguito a un’operazione chirurgica ha visto il suo corpo ‘dall’esterno’, per poi fortunatamente ritornarvi. E’ un tema che mi interessa molto, credo che l’energia esista e il mondo non possa ridursi solo a quello che vediamo e tocchiamo”.

Anita Caprioli è la madre di Vera: “interpreto una donna che incontra una figlia che riconosce, ma in un corpo diverso. Deve andare oltre il limite esteriore e affidarsi a un pensiero profondo e istintivo, che ha a che fare con il profondo, con la maternità, con qualcosa di ancestrale e innegabile, ma non razionale. Non racconto solo la madre che riconosce qualcosa ma una donna che si affida a un pensiero “diverso” e non intellettuale. Si mette in connessione con il racconto del film stesso, anche se lei non può saperlo. E’ il personaggio che avalla il racconto del Cosmo, del ‘più grande’”.

Davide Iacopini è Claudio, amico/insegnante di Vera, presente nel giorno della scomparsa, con un forte senso di colpa: “Ho fatto il cattivo nei Demoni di Dostoevskij, ma qui il personaggi si sente in colpa anche senza non averla. Tutti pensano che lui sia il colpevole ma il suo problema è che lui si percepisce parzialmente come colpevole, e dunque su questo ho lavorato molto. Mi sono isolato perché in un mondo verosimile 99 su 100 il colpevole sarebbe Claudio. Questo è un mondo astratto, lui sa di non essere colpevole ma dentro di sé ha il dramma e il mistero, dunque si isola perché gli altri non potrebbero capire e cerca da qualche parte la soluzione, forse la troverà”.

Importante il rapporto con la musica e il suono, a cui collabora la band Marlene Kuntz: “L’intento era diminuire il dialogo e lavorare sulla visione – dice ancora Catena – e con la band ho girato tanti videoclip. Quando ero in Cile mandavo suoni registrati presso delle tribù e i Kuntz lavoravano su quelli, integrandoci il loro stile. L’amalgama era affascinante. Il 14 febbraio è previsto un evento in diretta streaming con Catena e le astrofisiche di Astronomitaly. Sono inoltre previste anteprime a Torino, Milano e Roma.

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08 Febbraio 2022

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