VENEZIA – Il 3 settembre si è tenuto alla Casa degli Autori di Venezia 81 l’incontro The Art of Intimacy, promosso da Atelier Illuminati. L’evento è stata l’occasione per un gruppo di professionisti e professioniste dell’Intimacy Coordinator, il nuovo ruolo che garantisce sui set cinematografici spazi di lavoro trasparenti equi e inclusivi basati sulla cultura del consenso. In questa occasione abbiamo intervistato Luisa Lazzaro, la prima Intimacy Coordinator italiana certificata Sag-Aftra, e la sua assistente e cover Beatrice Magalotti.
Luisa Lazzaro dal 2021 ha collaborato con diverse produzioni italiani e internazionali, tra cui Parthenope di Paolo Sorrentino, la serie Supersex e due titoli presentati nella selezione ufficiale dell’attuale Mostra del Cinema, Queer di Luca Guadagnino e la serie M. Il figlio del secolo, entrambi girati a Cinecittà.
Luisa Lazzaro e Beatrice Magalotti, come si diventa Intimacy Coordinator? Quali competenze di devono sviluppare?
LL: Le competenze che dovrebbe avere un IC riguardano la conoscenza dei processi creativi di un attore. Questo è molto importante. Nel caso mio e di Beatrice Magalotti, veniamo dal mondo della danza contemporanea e quindi conosciamo tecniche coreografiche che sono utili nella prassi di un IC. Questo è uno dei requisiti, poi l’esperienza sul set è una cosa extra, che può essere molto utile per lavorare. Avere la capacità di stare sul set, conoscere gli altri ruoli e sapere come rapportarsi ai vari reparti.
La regia, immagino, sia uno di quelli più delicati. Ad esempio, in Queer, le scene di sesso hanno un forte valore drammaturgico, definiscono i personaggi. Come collaborate con il regista e come cercate di non pestargli troppo i piedi?
LL: L’incontro con il reparto regia è uno dei primi. Una volta stabilite le scene con la produzione, si parla subito con il regista per capire la visione artistica. Come IC, dobbiamo partire da quello: dopo avere letto la sceneggiatura, dobbiamo entrare nel dettaglio di quelle scene che contengono l’intimità e chiedere appunto quale sia la visione. Nel caso di Queer, Guadagnino è stato molto chiaro su tutte le scene di intimità, per cui ho avuto una descrizione scritta di tutto.
Proprio della coreografia?
LL: Esatto
BM: Anche se di solito non è così. Anzi spesso le scene di intimità, essendo ancora un argomento dove ci sono tabù e imbarazzi, spesso non c’è l’idea di condividere una visione. Spesso le informazioni arrivano uno-due giorni prima, quindi a volte è difficile. Bisogna sapere improvvisare: noi ci teniamo a dire che non siamo lì a controllare e a dire ‘questo si può fare e questo no’. Noi cerchiamo, da una parte, il dialogo con il regista per valorizzare il suo lavoro, dall’altra il dialogo con gli attori per tutelarli. La nostra presenza deve essere molto discreta.
LL: l’obiettivo è di evitare più soprese possibili. Più informazioni riusciamo ad ottenere, più riusciamo a informare gli altri reparti.
Capita di fare delle prove?
LL: Sì, capita. A volte si fanno il giorno stesso delle riprese. Meno frequentemente ho avuto dei set, per esempio Parthenope di Sorrentino, in cui è stata organizzata una prova per una scena molto delicata. In quel caso ci si è preparati con un po’ d’anticipo.
Le preferenze sessuali dell’attore vengono considerate? Ad esempio, si dice che Joaquin Phoenix avrebbe detto di no al suo nuovo film perché prevedeva delle scene omoerotiche.
LL: Partiamo sempre dal personaggio, dalla necessità narrativa. Se dovessero insorgere delle problematiche personali, è nostro compito intervenire e procedere di conseguenza. Di solito, però, se ci fossero problematiche di questo tipo, dovrebbero uscire prima. Può succedere che un attore o un’attrice cambi idea rispetto a una richiesta, in quel caso si valuta, si chiede un colloquio con la regia per riconfrontarsi su di essa.
BM: Di base a noi non interessa sapere se un attore sia eterosessuale, omosessuale o altro. A noi ci interessa l’imbarazzo o il disagio che l’attore può provare, un trauma che può subire. A me è successo, ad esempio, con un minore che doveva fare un’interazione semplice, un bacio. Non è stato necessario spiegare perché: ho sentito una resistenza, non ho indagato oltre e si è messo tutto in chiaro. Tutto deve venire dall’attore, non si deve mai forzare. Il nostro questioning – il fare le domande – è sempre un momento molto delicato, mai legato a una discriminazione di alcun tipo.
Quando viene richiesta la vostra figura sul set? È obbligatoria?
LL: Per le produzioni internazionali, specialmente per Netflix America, è richiesta già con i baci. Sulle produzioni italiane c’è una differenza, non è una figura necessaria per le scene di bacio, ma anche perché qui non esistono dei protocolli veri e propri. Si sta ancora sperimentando. Il modello è quello anglo-americano.
Su M. Il figlio del secolo, la messa in scena di un personaggio delicato come quello di Mussolini ha creato delle problematiche? Magari uno stress psicologico maggiore per l’attore?
LL: È stato tutto abbastanza semplice. Ricordo che alcune scene hanno richiesto uno sforzo fisico per l’attore. Una scena in particolare è stata molto faticosa. A parte questo non c’è stato un lavoro così profondo relativa alla psicologia del personaggio.
Sapete citarmi una scena particolarmente delicata?
LL: Ce ne sono state tante. Ricordo che in M. c’era una scena in cui Mussolini e la sua amante avevano una scena particolarmente complicata, perché lui doveva camminare indietro mentre si baciavano. C’è stata un’attenzione in termini di sicurezza.
C’è una grande attenzione sul corpo?
BM: Sì assolutamente. E poi non va dimenticata la tutela di figure che hanno meno potere. Gli attori conosciuti hanno più margine, mentre ci sono delle situazioni in cui ci sono dei figuranti che devono esporsi, mettersi a nudo. Non è proprio chiaro il loro ruolo e queste persone possono sentirsi in difficoltà. Il nostro compito in quel caso è spiegare loro la situazione e cercare di mitigare il loro imbarazzo. È importante tutelare chi non è la star.
Cosa avreste dovuto fare se vi foste trovare sul set di Megalopolis, dove sono stati riportati dei baci del regista Francis Ford Coppola a delle comparse?
LL: In quel caso è capitata una cosa non permessa. Certamente il nostro ruolo è quello di mitigare: interveniamo anche se un membro del set fa una battuta un po’ pesante.
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