Indagine sul documentario


Per la Rai è stata una vera e proprio inversione di rotta (si spera duratura): la prima indagine di mercato sul documentario in Italia è nata infatti anche per iniziativa della tv pubblica. A coinvolgerla, l’attivissima associazione di categoria Doc/It, che ha organizzato a Roma una giornata di discussione cui hanno partecipato rappresentanti delle istituzioni locali (Comune, Provincia e Regione) e dei ministeri (Beni Culturali e Attività Produttive), oltre a tanti autori e produttori in un settore che conta 3.000 occupati e 250 aziende spesso piccole o piccolissime.

 

Il presidente di Doc/It, Alessandro Signetto, ha sottolineato la difficoltà a reperire dati. Ecco spiegato il movente della ricerca commissionata a IsICult (Istituto Italiano per l’Industria Culturale), la prima in assoluto. Ne è emerso un quadro non certo confortante, specie se paragonato alla situazione francese. Nel 2004 il fatturato del settore documentaristico ammontava a 50 mln di euro. In questo scenario la Rai ha investito nel documentario lo 0,5% del suo budget, con le tre reti pubbliche che, sempre nel 2004, hanno mandato in onda 1.223 ore di documentari (in prevalenza reportage e servizi inseriti nei contenitori), pari al 4,6% della programmazione, ma per l’84% si trattava di opere acquistate e non prodotte. La Rai, inoltre, è l’unico network pubblico europeo a non avere una struttura ad hoc. Addirittura sconfortante l’atteggiamento di Mediaset: con 278 ore di non fiction programmate nel 2004, di cui solo 10 ore di documentari puri, il Biscione – come ha rivelato Angelo Zaccone Teodosi, presentando la ricerca – ha mostrato un totale e aperto disinteresse per l’iniziativa.

Addirittura schiacciante il confronto con i dati relativi alle tre reti pubbliche francesi: nel 2004 i transalpini hanno visto infatti sulle tv pubbliche 4.638 ore di documentari, pari al 17,6% della programmazione. “In Francia – ha spiegato Giuseppe Richeri, docente di Scienze della Comunicazione all’Università della Svizzera Italiana – il ruolo delle televisioni pubbliche è fondamentale, ma molto si deve anche al fondo di sostegno garantito dal CNC”.

A questo proposito si segnala l’intervento del DG Cinema Gaetano Blandini, che ha ricordato come la Legge Urbani abbia dato finalmente diritto di cittadinanza al documentario nel sistema dei finanziamenti pubblici (il primo lungometraggio che ha goduto del sostegno pubblico è sostenuto La strada di Levi di Davide Ferrario): ad esso è stato infatti destinato il 5% del budget statale. “Di fronte a questi dati, dire che il ministero dei Beni Culturali sia stato latitante è quantomeno ingeneroso”, ha dichiarato Blandini auspicando in futuro la possibilità di finanziare anche la non fiction televisiva oltre che quella per la sala.

Infine un dato complessivo: nel 2004 tutte le tv francesi (tra pubbliche, private, tematiche e satellitari) hanno investito nei documentari 145 mln di euro, di cui 65 provenienti da finanziamenti pubblici; mentre l’investimento totale nella non fiction è stato di 308 mln di euro, a fronte di 625 mln investiti nella fiction. Un’industria a confronto con l’artigianato italiano.

autore
24 Febbraio 2006

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