Indagine su Aldo Moro, dieci anni prima della fine


E’ l’attore Fabrizio Gifuni, assieme allo sceneggiatore e giornalista Andrea Purgatori, il protagonista del nuovo appuntamento di Cinema&Storia – 100+1. Cento film e un paese, l’iniziativa che si impegna a far conoscere agli studenti il patrimonio filmico italiano, promossa dalla Provincia di Roma nell’ambito del progetto ABC – Arte Bellezza e Cultura con le Giornate degli Autori (per cui è presente il critico Fabio Ferzetti), Cinecittà Luce e il sostegno della del MiBAC – Direzione Cinema. Proprio Roberto Cicutto, presidente di Cinecittà Luce, apre le danze commentando il nuovo ‘trailer’ dell’iniziativa: “E’ bellissimo, cambierei solo una frase – dice scherzando – Il cinema italiano non è un patrimonio da salvare. Lo abbiamo già salvato. E’ vivo e vegeto e ora bisogna farlo conoscere nel mondo”.

 

Anche se il film che oggi commentano Gifuni e Purgatori, Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto di Elio Petri, nel mondo lo conoscono già bene, dato che vinse a Cannes il Gran Premio della Giuria e l’Oscar come miglior film straniero. E che, come racconta lo stesso Gifuni, “è sorprendente scoprire come grandi attori del calibro di Dustin Hoffman, Al Pacino o Bob De Niro si siano ispirati per molte loro interpretazioni proprio al protagonista Gian Maria Volonté“, modello assoluto per molti interpreti tra cui Gifuni medesimo.

 

D’altro canto, in comune i due hanno anche un ruolo importante, quello di Aldo Moro, che Volonté ha coperto ben due volte: la prima, nel profetico Todo Modo, del 1976, ispirato a un libro di Leonardo Sciascia. Certo, aveva un altro nome, ma era chiarissimo chi fosse in realtà quel potente democristiano destinato ad essere fagocitato e sacrificato dal suo stesso partito. Il sequestro e l’omicidio di Moro non avverranno che due anni dopo. La seconda, nell’86, ne Il caso Moro di Giuseppe Ferrara, dove Volonté si impegnò per donare al personaggio, “quasi a mo’ di scusa per averne anticipato il tragico destino – dichiara ancora Gifuni – una grandissima carica di umanità”.

 

Ora è Gifuni a interpretare Moro nel film di Marco Tullio Giordana, in uscita il 30 marzo, Romanzo di una strage. “E’ inutile che faccia finta di essere riuscito a cancellare Volonté dai miei pensieri mentre ci lavoravo – ammette l’attore – con un tipo così non si può evitare di fare i conti, e mi sono parecchio impensierito quando Giordana mi ha proposto la parte. Ho pensato ‘Oddio, e ora come si fa?’. Dalla mia però avevo un vantaggio. Cinematograficamente parlando il personaggio di Moro è sempre stato trattato nell’ultimo, tragico segmento della sua vita, mentre invece io lo affronto in una fase in cui era più giovane di almeno dieci anni. Il film, che non ho ancora visto per intero e su cui dunque parlo con cautela, tratterà molti temi poco conosciuti della vicenda attorno alla strage di Piazza Fontana, rimettendo al centro della discussione il ruolo di molti personaggi tra cui Moro stesso”.

Nel corso dell’incontro, Gifuni ha modo di sottolineare molti aspetti del carattere e della tecnica recitativa di Volonté: “Era uno che pensava, che si poneva e che poneva domande. Per questo lo consideravano un attore difficile. Molti registi hanno voluto lasciar diffondere la credenza che un attore meno studia, meno legge, e meno si documenta, meglio è, perché così non perde spontaneità. Sono scemenze gigantesche. La verità è che, ovviamente, un attore decerebrato è più facile da manovrare. Il problema è che mentre di un pianista o di un danzatore capisci che devono aver studiato per fare quel che fanno, con l’attore c’è il rischio di fraintendimento, come se tutti più o meno potessimo essere capaci di recitare. Volonté era anche, con il suo grande contributo, un coautore dei personaggi che recitava. E il caso di Moro non è il solo in cui, proprio assieme a Petri, fu profetico. Proprio il personaggio del ‘Dottore’ in Indagine… è assai simile, anche fisicamente, a quello del commissario Calabresi, balzato alle cronache tempo dopo l’uscita del film per aver condotto il drammatico interrogatorio che si sarebbe concluso con il volo dalla finestra dell’anarchico Pinelli“.

Come Volonté, maniacalmente attento al dettaglio nelle sue interpretazioni – tanto da riempirsi la bocca con del cotone per modificare la sua espressione, come avrebbe poi fatto anche Brando ne Il Padrino – anche Gifuni cura ogni particolare dei personaggi che incarna su schermo. “Per il film di Giordana – racconta – mi sono fatto accompagnare dallo stesso camiciaio che vestiva Moro. Usava sempre dei colletti larghi, fatti su misura, che gli conferivano una postura particolare. Il sarto, un signore di ottant’anni, nel vedermi si è commosso. Mi disse che si ricordava di un altro attore che gli aveva fatto la stessa richiesta, tanti anni fa”.

 

Naturalmente, si trattava di Volonté.

autore
20 Marzo 2012

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