VENEZIA – È il volto popolare della rivoluzione francese al centro di Un peuple et son roi di Pierre Schoeller, fuori concorso a Venezia 75. Un popolo attivo, che discute, spera, si mobilita. Che, ripetendosi “cosa contano le ferite rispetto alle vittorie” ha costruito la propria sovranità, ha stabilito nuove relazioni di uguaglianza e decretato nuovi diritti. Ha fondato, insomma, una repubblica. Uomini e donne il cui impegno e le cui speranze erano di una tale intensità da risuonare ancora oggi, oltre due secoli dopo. “Attraversare una rivoluzione così ampia è stato appassionante e sconvolgente – sottolinea il regista- Ne ho mostrato i primi tre anni, abitati dallo spirito di speranza e libertà, ciò che mi ha guidato è l’intensità del loro sentimento. Un’energia vitale che raramente si vede oggi. Volevo rappresentare la rivoluzione francese lontana dal dibattito ideologico, ma andando vicino agli uomini, bambini e donne che l’hanno resa possibile”. Nei primi anni si parlava di rigenerazione non di rivoluzione, il popolo voleva trasformare la monarchia. Poi il movimento si è trasformato in qualcosa di molto più ampio che ha portato alla nascita della repubblica, “una dinamica che ha grande valore perché ha creato la nostra democrazia” sottolinea Schoeller che a proposito della situazione storica contemporanea rimarca come il tempo storico che stiamo vivendo sia molto aperto, incerto e fragile, un periodo in cui molte cose si muovono, in profondità, ma nessuno sa verso cosa: “Nessuno può dire quando una rivoluzione inizia e dove finirà, questo è il bello”.
Un dramma in costume che ha richiesto un lunga lavorazione durata sette anni, in una ricostruzione di fiction che cerca al tempo stesso di rimanere fedele ai documenti storici: “Tutte le parole espresse durante l’Assemblea Nazionale sono prese dagli Archivi- assicura il regista – Anche i canti sono autentici: la rivoluzione ha prodotto una grande cultura orale tramandata”. Tanti i personaggi che si muovono e si evolvono mentre le vicende storiche accadono quasi sullo sfondo, a dimostrare il fervore della folla in tutta la sua diversità umana: “Ho cercato di vedere i grandi momenti della storia come se fossero un quadro in cui si muovono i personaggi. Come una sorta di serie all’interno del film, ho un po’ costruito per coppie le evoluzioni delle storie dei personaggi, che vediamo a poco a poco evolversi sullo sfondo della Storia”.
Nei panni del controverso re Luigi XI, Laurent Lafitte: “La sua figura è stata già interpretata da più parti in maniera diversa. Io ho cercato di mantenere una forma di neutralità rispetto alla quale tutti possano dare una loro visione. Era una persona intelligente e colta, ma la sua epoca gli è sfuggita in quanto re”. Non è infatti lui a cambiare nel corso del film, ma il popolo, tutta una società che si muove e che in maniera sconvolgente arriva a pensare ad una vita senza un sovrano, qualcosa fino a quel momento inconcepibile. “La tragicità del suo personaggio è arrivare ad agire in ritardo. La prima volta che cede e concede al popolo quello che chiede, inizia per lui un cammino che lo porterà all’epilogo finale”.
Nel cast anche Louis Garrel nei panni di Robespierre, Céline Sallette, Gaspard Ulliel e Adèle Haenel.
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