VENEZIA – Teatro e politica, da sempre legati. I Greci consideravano il teatro non come una semplice occasione di divertimento e di evasione dalla quotidianità, ma come un luogo dove la polis si riuniva per celebrare le antiche storie del mito, patrimonio comune della cittadinanza. Ciò che non poteva sapere era come le vicende del mito, codificate dalla tradizione, sarebbero state nuovamente interpretate e declinate dal drammaturgo. Lo spettatore greco si recava a teatro per imparare precetti religiosi, per riflettere sul mistero dell’esistenza, per rafforzare il senso della comunità civica. L’evento teatrale aveva dunque la valenza di un’attività morale e religiosa, assimilabile ad un vero e proprio rito.
Un rito collettivo della pólis che si svolgeva durante un periodo sacro in uno spazio sacro (il teatro sorgeva a ridosso dell’altare del dio). Il teatro, proprio per questo suo carattere collettivo, assunse presto la funzione di cassa di risonanza per le idee, i problemi e la vita politica e culturale dell’Atene democratica: se è vero infatti che la tragedia parla di un passato mitico, è anche vero che il mito diventa metafora dei problemi profondi che Atene vive. Questo indissolubile legame è tema portante del film Maschere Crude di Flavio de Bernardinis, uno dei tanti “punti luce” accesi in tutta Italia per celebrare i 90 anni di gruppo pubblico. Il regista , usando materiali dell’immenso archivio storico Luce, trasporta in epoca moderna questa funzionalità teatrale, tendendo un parallelo tra la grande storia del teatro italiano del ‘900 e le “maschere” del coevo potere politico, mostrando come il palco sia stato (e sia) anche il laboratorio dei modi e delle comunicazioni del Palazzo. Un doppio ritratto della realtà italiana dagli anni ’30, del fascismo agli anni ‘80 della P2. Le maschere del Potere e le maschere di chi al Potere tenta di resistere. E declina con efficacia e notevoli capacità di sintesi il teatro italiano: i generi, le forme drammaturgiche, i registi, gli attori e le attrici, che mettono in scena il Potere e tutte le sue maschere.
“Tutto parte dall’intenzione di dare un’occhiata, nello sconfinato archivio audiovisivo dell’Istituto Luce, ai materiali riguardanti il teatro – dice il regista – Sono infatti emersi documenti preziosi, sgranati lungo gli anni ’50, ’60 e ’70, il periodo culmine della Repubblica. Registi, attori, autori teatrali, non solo la prosa, ma anche la rivista e il cabaret, dalle tavole dei palcoscenici, hanno caparbiamente, gustosamente raccontato l’Italia. Non solo con Goldoni e Pirandello, ma anche Shakespeare, Molière, Sartre, Brecht e Pinter, autori universali, che non conoscono limiti alla propria attualità. A questo punto, effettuata la grande pesca nell’archivio del Luce, una cosa è risultata evidente. Da Eduardo De Filippo a Vittorio Gassman, da Romolo Valli a Luigi Vannucchi, da Alberto Lionello a Giancarlo Sbragia, da Gianni Santuccio a Renato De Carmine, da Glauco Mauri a Pino Micol, da Lilla Brignone e Giuliana Lojodice, da Valeria Moriconi a Carla Gravina, da Luigi Proietti a Gabriele Lavia, da Carmelo Bene a Mariangela Melato, ai grandi attori italiani si sovrapponevano e intrecciavano gli uomini politici italiani, anch’essi grandissimi attori, dal ministro degli esteri conte Carlo Sforza ad Ugo La Malfa, da Aldo Moro a Giovanni Spadolini, da Giovanni Malagodi a Amintore Fanfani, da Giulio Andreotti a Mariano Rumor. Palesemente, l’uomo politico italiano era innanzitutto un grande attore, che traeva dal sentimento teatrale le risorse verbali e gestuali per intercettare e persuadere i cittadini”.
De Bernardinis è studioso di Estetica dello Spettacolo, insegna Storia del Cinema presso il Centro Sperimentale di Cinematografia – Scuola Nazionale di Cinema di Roma, Storia e Critica del Cinema, Drammatizzazione Cinematografica e Fotogenia presso la Link Academy di Roma e Storia del Reportage cinematografico e televisivo presso la sede Abruzzo del CSC a L’Aquila. Come autore e regista teatrale, ha realizzato e messo in scena Kubrick e l’Immaginario, lezione spettacolo sul cinema di Stanley Kubrick; gli atti unici Palla al sette, Non mi piaccio, Emma e i cattivi compagni, Edema (Medea), tutti con Stefano Betti.
"Una pellicola schietta e a tratti brutale - si legge nella motivazione - che proietta lo spettatore in un dramma spesso ignorato: quello dei bambini soldato, derubati della propria infanzia e umanità"
"Non è assolutamente un mio pensiero che non ci si possa permettere in Italia due grandi Festival Internazionali come quelli di Venezia e di Roma. Anzi credo proprio che la moltiplicazione porti a un arricchimento. Ma è chiaro che una riflessione sulla valorizzazione e sulla diversa caratterizzazione degli appuntamenti cinematografici internazionali in Italia sia doverosa. È necessario fare sistema ed esprimere quali sono le necessità di settore al fine di valorizzare il cinema a livello internazionale"
“Non possiamo permetterci di far morire Venezia. E mi chiedo se possiamo davvero permetterci due grandi festival internazionali in Italia. Non ce l’ho con il Festival di Roma, a cui auguro ogni bene, ma una riflessione è d’obbligo”. Francesca Cima lancia la provocazione. L’occasione è il tradizionale dibattito organizzato dal Sncci alla Casa del Cinema. A metà strada tra la 71° Mostra, che si è conclusa da poche settimane, e il 9° Festival di Roma, che proprio lunedì prossimo annuncerà il suo programma all'Auditorium, gli addetti ai lavori lasciano trapelare un certo pessimismo. Stemperato solo dalla indubbia soddisfazione degli autori, da Francesco Munzi e Saverio Costanzo a Ivano De Matteo, che al Lido hanno trovato un ottimo trampolino
Una precisazione di Francesca Cima
I due registi tra i protagonisti della 71a Mostra che prenderanno parte al dibattito organizzato dai critici alla Casa del Cinema il 25 settembre