Il sorpasso di Jeanne Dielman: la parola ai critici

La classifica di Sight and Sound ha posizionato il film di Akerman al primo posto tra i migliori della storia del cinema


Jeanne Dielman, 23, quai du Commerce, 1080 Bruxelles di Chantal Akerman è il miglior film della storia del cinema. Quando, lo scorso 1° dicembre, Sight and Sound ha diramato i risultati della sua nuova classifica decennale si è innescata nel mondo cinefilo una discussione piuttosto accesa: è davvero così? 
Facciamo un po’ di ordine. Le classifiche hanno poco senso, su questo è difficile non concordare, ma se c’è una classifica che di senso ne ha, è proprio quella di Sight and Sound. Per il prestigio – è la rivista del British Film Institute, ma soprattutto per la logica stessa dell’operazione: pubblicare la classifica dei 100 migliori film della storia del cinema ogni dieci anni non significa solo dare la possibilità ai nuovi film di entrarne a far parte, ma anche cogliere lo spirito del tempo. Sight and Sound pubblica questa classifica dal 1952 e, al di là della prima edizione, dove in testa c’era Ladri di biciclette, Quarto potere è sempre stato il capolista. Almeno fino al 2012, quando era sceso di un gradino, lasciando il trono a La donna che visse due volte. Il fatto fece a suo modo scalpore, ma nessuno se la sentì di biasimare troppo la scelta: un Hitchcock in testa non sfigura mai.

Ma se in testa ci va Chantal Akerman, regista sperimentale, militante e di nicchia?

Premessa: Sight and Sound pubblica due classifiche: una aggrega il parere dei critici, e una quella dei registi. Jeanne Dielman al primo posto è il verdetto della classifica degli oltre 1.600 critici interpellati. Per quanto riguarda i registi al primo posto c’è 2001: Odissea nello Spazio. Ai partecipanti è stato chiesto di fornire una lista con 10 preferenze, non una classifica: ogni scelta aveva lo stesso peso. Sebbene sia meno roboante, quindi, sarebbe più corretto dire che Jeanne Dielman è il film più nominato dai critici. 

Considerando, allora, che il verdetto discusso è arrivato proprio dai critici, abbiamo chiesto ad alcuni ed alcune di loro un’opinione a riguardo. 

“Jeanne Dielman è senza dubbio il miglior film di Akerman – è il pensiero di Alberto Anile, conservatore della Cineteca Nazionale presso il Centro Sperimentale di Cinematografia – come lei stessa riconobbe. È rivoluzionario, è seminale, ha insegnato e continua a insegnare a tanti un certo modo di fare cinema, ma non è il miglior film della storia”. Anile è tra i critici che hanno preso parte alla votazione, e gli abbiamo allora chiesto quali siano stati i suoi parametri di scelta. “Un po’ di gusto personale, ovviamente, e poi lo stabilire se un autore sia stato in grado col proprio film di ottenere quello che voleva. Ce ne sono certi, come per esempio Orson Welles con Quarto Potere, che hanno persino superato la loro stessa ambizione. Un altro fattore è quanto questi film abbiano inciso sul linguaggio cinematografico e i cineasti successivi. Infine, quanto ci sia ancora voglia di vederli, non solo per quanto riguarda i critici, ma anche il grande pubblico: per Jeanne Dielman dubito fortemente che sia così. Jeanne Dielman – ha concluso Anile – mi sembra più un candidato di bandiera: ha vinto il riscatto di un cinema delle donne negli anni vilipeso e delegittimato e che ora può piantare la sua bandierina sulla classifica più famosa al mondo”. 

Paolo Mereghetti, critico del Corriere della Sera, oltre che autore del Dizionario dei Film che porta il suo nome, ha un’idea netta. “Non sono assolutamente d’accordo che Jeanne Dielman sia il più bel film della storia del cinema. Mi sembra una scelta frutto di quegli equilibri e di quell’ossessione di essere inattaccabili da un punto di vista politico che portano poi a queste distorsioni. Andando a leggere la classifica si nota che, per esempio, Beau travail di Claire Denis è più in alto di film come Cantando sotto la pioggia, Sentieri Selvaggi o Persona, il che mi sembra francamente inammissibile. Personalmente quando ho consegnato la mia lista non mi sono preoccupato del genere del regista o della regista. Non ho inserito film diretti da donne, ma non è stata una scelta precisa. Quando è uscita questa notizia sono anche andato a vedere come avessi recensito Jeanne Dielman nel mio dizionario: mi piacque, diedi 3 stelle, ma da qui a valutarlo il miglior film della storia del cinema ce ne passa.”

Altrettanto netta, ma in senso opposto, Cristina Piccino, critica cinematografica per Il Manifesto. “Trovo le polemiche stupide. Non capisco come persone che si occupano di cinema possano parlare di Jeanne Dielman come di un film noioso. La scelta di Jeanne Dielman rilancia la prospettiva di un cinema di ricerca, perché è un film che cambia le modalità di narrazione e di sguardo rispetto a un tempo e un personaggio cinematografico. La sua caratteristica femminista, che pure c’è, la metterei in secondo piano, perché Jeanne Dielman è importante soprattutto da un punto di vista cinematografico, ponendo nuove modalità di narrazione, come peraltro quasi tutti i film di Chantal Akerman. Poi, è chiaro, il film può piacere o meno, ma ciò che proprio non comprendo è il senso stesso della polemica, trattandosi di un film indiscutibilmente così importante”. 

“Personalmente – aggiunge Cristiana Paternò, vicedirettrice di Cinecittà News – il sorpasso di Jeanne Dielman, film fondamentale nella storia del cinema ma certamente sperimentale e di nicchia, rispetto a La donna che visse due volte e prima ancora un classico che ha influenzato intere generazioni di cineasti di tutto il mondo come Ladri di biciclette mi ha fatto molto piacere. E non solo da un punto di vista se vogliamo femminista, anche se, come confessano gli stessi redattori di Sight and Sound il cambiamento di prospettiva è legato ‘anche’ all’allargamento del voto nel 2012 a una platea di critici non più quasi rigorosamente maschile. Le classifiche, se hanno un’utilità e un valore, servono proprio a indurre negli spettatori delle scoperte, delle rivelazioni. Per esempio, la lista dei dieci miglior film dell’anno dei Cahiers du Cinéma si apre con Pacifiction di Albert Serra, un film che ha molto diviso allo scorso Festival di Cannes, e anche quella è una scelta estrema, che ha fatto discutere. Quando sono stata interpellata da Sight and Sound, mi sono posta anch’io il compito di scompaginare le carte e l’ho fatto con alcune scelte sicuramente discutibili e personali, inserendo nella classifica anche qualche mio guilty pleasure”. 

Parte innanzitutto da un ragionamento di carattere cinematografico il critico, saggista e regista Mario Sesti. “Jeanne Dielman è un film straordinario che presenta un’idea quasi geometrica di cinema alla quale si accompagna una capacità di persuasione altrettanto geometrica che ci dice che in questa società essere delle brave domestiche e delle brave prostitute sono due facce della stessa medaglia. È un film che sta al femminismo come La corazzata Potëmkin al cinema politico e d’impegno. Quando il linguaggio del cinema si lega in modo così incandescente a un contenuto, però, ha un rischio: se il contenuto va fuori fuoco, allora va fuori fuoco anche il film. La mia idea è che tra 50 anni, quando auspicabilmente il mondo delle donne non avrà più bisogno di questo sacrosanto riscatto, credo che andrà fuori fuoco questo bellissimo film. Ci sono dei film, invece, che hanno la capacità di ridefinire il proprio contenuto attraverso il linguaggio cinematografico. Dopo aver visto Aurora si pensa all’amore e al tradimento in modo diverso, dopo aver visto Viaggio a Tokyo si pensa alla famiglia e al lavoro in modo diverso. Questi film saranno sempre tra i primi 10 della storia del cinema. La forza cristallina di Jeanne Dielman sarà anche il suo limite, ma se questa classifica avrà permesso di vendere anche una sola copia in più del DVD, allora ne sarà valsa la pena”. 

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08 Dicembre 2022

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