‘Il signor Diavolo’: il folklore del male

Pupi Avati torna all’horror. In uscita il 22 agosto con 01


Pupi Avati torna all’horror – quasi superfluo indicare i precedenti, da La casa dalle finestre che ridono a Zeder, passando per L’arcano incantatore e Il nascondiglio – con Il signor Diavolo, in uscita il 22 agosto con 01. Prodotto dal fratello Antonio come gran parte delle sue opere, il film, un interessante racconto di spavento di genere ‘demoniaco’, ambientato nell’entroterra nostrano negli anni ’50 – vede partecipare un cast eterogeneo con molti suoi attori ‘di culto’ come Lino Capolicchio, Andrea Roncato, Gianni Cavina, Massimo Bonetti, Alessandro Haber e Andrea Roncato, oltre a Gabriele Lo Giudice, Filippo Franchini e Cesare S. Cremonini. C’è molta ricerca del folklore, mescolato al sacro e alla superstizione. Alla sceneggiatura partecipa anche il figlio del regista, Tommaso.

In un freddo autunno, si segue l’istruttoria di un processo sull’omicidio di un adolescente, considerato indemoniato dalla fantasia popolare. Furio Momentè, ispettore del Ministero, parte per Venezia leggendo i verbali degli interrogatori. Carlo, l’omicida, è un quattordicenne, indissolubilmente legato da una stretta amicizia al compagno di scuola Paolino. Emilio è un ragazzo deforme, figlio di una ricca possidente terriera. Di lui si racconta che avrebbe sbranato a morsi la sorellina. Paolino lo umilia pubblicamente per farsi bello, ma suscita la sua ira. Prima Emilio, furioso, lo morde, mettendo in mostra una dentatura innaturale simile a quella di un cinghiale. Poi lo spintona durante una messa portandolo a calpestare un’Ostia e a commettere sacrilegio. Da lì la situazione precipita verso un vortice di oscurità, fino a uno sconvolgente finale, che rivaleggia con quello epocale de La casa dalle finestre che ridono.

“Il film – dice Avati – rappresenta una sorta di check-up del mio rapporto con il mezzo cinematografico. Una verifica doverosa di quello che è il mio rapporto fra ciò che io, Antonio e Tommaso abbiamo immaginato e ciò che poi risulta nel film. Erano diversi anni che non realizzavo un film per il grande schermo, avendo lavorato in tv su intrecci narrativi più consolatori o comunque lontani da quel gotico padano che mi ha riportato ai miei inizi. Tornare a quelle atmosfere, a quegli stessi luoghi, con alcuni degli stessi interpreti di allora ha avuto su di me un esito terapeutico, un riaffacciarsi del cinema in tutte le sue sfrontate potenzialità. Molti non lo sanno – prosegue poi – ma il concetto stesso di ‘gotico’ è legato alla sfera del sacro. Non basta fare un film che fa paura per fare un film gotico. Io questa religiosità nei miei horror la inserisco sempre, dal prete de La casa… al prete morto in Zeder, passando per lo spretato ne L’Arcano incantatore e le due suore de Il nascondiglio. Sono stato un chierichetto ‘professionista’ e quel mondo mi appartiene, ma è anche un modo di riguardare al passato per apprezzare meglio il presente. C’è una certa schizzinosità in Italia nei confronti del genere, ma affrontare un genere e renderlo personale e riconoscibile è una cosa piuttosto complicata e interessante. Frequentare i generi non solo non è disdicevole, ma il punto focale sta proprio nell’equilibrio tra gli elementi di quel genere stesso e l’autorialità di chi decide di affrontarlo”.

In generale, l’atmosfera in conferenza non sembra del tutto ‘tranquilla’. Forse il ‘signor Diavolo’ era presente in sala, o forse c’era un po’ di preoccupazione per la data di distribuzione scelta da 01, un po’ svantaggiosa. Si parla, per ora, di 200 copie totali. “Vorrà dire che la 01 crede talmente tanto nel film che pensa di poter stravolgere le abitudini estive del pubblico – sembra voler ironizzare Antonio Avati – ad ogni modo vinceremo. Sarà solo più difficile”.

Più diretto il regista, che fa riferimento a Satana: “Satana è il sinonimo di male ma non ce ne siamo riusciti a liberare. C’è una persona, di cui non dico il sesso e il nome, che ha fatto di tutto per intralciarci e distruggere il nostro progetto”. Poi vira su altri argomenti: “Dopo tanti anni di tv tornare al cinema è una rinascita. Mi ero illuso che si potesse fare una tv diversa ma è tutto molto complicato, si basa sulla reiterazione e spesso si viene dimenticati, salvo qualche replica a notte tarda su RaiPlay”.

Il film è tratto da un libro omonimo dello stesso Avati, di cui cambia però il finale. Il regista sarà protagonista di tre sere, dal 23 al 25 luglio, della manifestazione Sotto le stelle del cinema a Bologna, a Piazza Maggiore per presentare i restauri di Noi tre, Le stelle nel fosso e Magnificat.

Qui un’intervista esclusiva al regista.

Trailer:

 

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22 Luglio 2019

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