Cosa rende speciale l’essere umano? La sua intelligenza? La sua capacità di amare incondizionatamente? Per scoprirlo, la DreamWorks Animation ci regala Il Robot Selvaggio, un film in cui gli esseri umani sono quasi del tutto assenti, in cui la loro presenza è evocata come quella di una divinità creatrice lontana, misteriosa e indifferente, isolata dal mondo in gigantesche serre di cristallo. Un lungometraggio d’animazione che, nonostante ciò, sa regalare emozioni come raramente accade, facendoci empatizzare con un robot privo di sentimenti e con un variegato gruppo di animali apparentemente cinici e violenti.
Diretto da Chris Sanders, già regista di Lilo & Stitch e di Dragon Trainer nonché collaboratore di classici Disney come Il Re Leone e Mulan, Il Robot Selvaggio (The Wild Robot) si è già imposto negli States come uno dei più importanti titoli d’animazione dell’anno con un incasso da 53 milioni di dollari a livello globale nel primo weekend e un riscontro entusiastico da parte della critica. Dopo due anteprime domenicali (29 settembre e 6 ottobre), il film uscirà ufficialmente in Italia il 10 ottobre.
Tratto dall’omonimo romanzo illustrato di Peter Brown, il film ha come protagonista un androide dalle sembianze vagamente umanoidi: l’unità Rozzum 7134. In quanto robot tuttofare, ha solo un obiettivo: svolgere i compiti che le sono stati assegnati. Quando si ritroverà dispersa in un’isola selvaggia in seguito a un naufragio, la sua missione diventerà quella di prendersi cura di un piccolo orfano di oca, ribattezzato Beccolustro, insegnandogli a nutrirsi, a nuotare e, infine, a volare. Al suo fianco la scaltra volpe Fink, che inizialmente vorrà solo sfruttare le capacità straordinarie dall’automa, salvo poi riscoprire il valore dell’amicizia e della famiglia.
L’improvvisa responsabilità genitoriale che investirà Roz, doppiata in originale dall’attrice premio Oscar Lupita Nyong’o e in italiano da Esther Elisha, è solo uno degli aspetti che caratterizzeranno il suo percorso alla scoperta di qualcosa che vada oltre gli algoritmi di intelligenza artificiale che la guidano, qualcosa che impossibile da formattare: un cuore.
Fondamentale in questo viaggio di “umanizzazione” è il rapporto con la natura rigogliosa che la circonda. La fauna eccezionalmente variegata che abita l’isola – composta da lontre, castori, opossum, ricci, cervi, orsi e tanti atri animali boschivi – non viene idealizzata come nelle fiabe. Questo complesso ecosistema viene raccontato fin da subito (con un’ironia che apprezzeranno soprattutto gli adulti) come un luogo in cui la vita e la morte sono in stretto contatto e in cui sopravvive darwinianamente solo il più forte o il più scaltro. Non c’è spazio per la pietà e per l’empatia. In questo contesto, Fink (doppiato da Pedro Pascal/Alessandro Roia) è un emarginato, Roz un mostro e Beccolustro un’oca destinata a vita breve, in quanto troppo piccola per affrontare la migrazione invernale. La lucida mente calcolatrice del robot e le sue abilità fuori dal comune stravolgeranno l’equilibrio spietato dell’isola, imponendo nuove norme basate sulla gentilezza e il rispetto reciproco.
Sul solco di un altro capolavoro dell’animazione come Il gigante di ferro, Chris Sanders ci racconta una storia toccante e universale. Dopo una prima parte movimentata e giocosa, dall’intervallo in poi si susseguono una scena madre dopo l’altra, in un incedere ritmico alimentato dalle splendide musiche di Kris Bowers, in cui a un climax emotivo ne segue uno ancora più forte, fino ad un finale dai connotati epici. Il tutto arricchito da uno stile d’animazione davvero ispirato, che fonde una dettagliatissima CGI a un vivido tratto pittorico. Una scelta non solo di ottimo gusto estetico, ma che ci riporta alle tematiche del film: quel rapporto tra la “mostruosità” dell’intelligenza artificiale e la “bestialità” del mondo naturale tra le cui trame ritroviamo il senso profondo della nostra umanità.
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