Dopo il successo del road movie del 2020 Est – Dittatura Last Minute, il regista Antonio Pisu scrive e dirige il sequel Tornando a Est, di cui sono state appena concluse le riprese, tra Sofia e Cesena. Anche in questo caso il film avrà come protagonisti Lodo Guenzi, Matteo Gatta e Jacopo Costantini nei panni di Rice, Pago e Bibi, alle prese questa volta con un avventuroso viaggio in Bulgaria, dove verranno scambiati per spie internazionali.
Il film è prodotto da Stradedellest Produzioni – i cui soci fondatori Maurizio Paganelli e Andrea Riceputi sono gli autori e protagonisti della storia originale – in associazione con Victoria Cinema di Modena e Davide Pedrazzini e con il sostegno della Emilia Romagna Film Commission.
Antonio Pisu, l’idea di un sequel di Est c’era fin dall’inizio?
No, non me lo aspettavo, ma devo dire che sono molto contento. Il film precedente era tratto dalla storia vera del viaggio di questi tre ragazzi che, tra l’altro, in questo caso sono anche produttori del film. Non si era mai parlato di fare un seguito anche se, in realtà, c’era così tanto materiale nei loro viaggi. Visto anche il successo del primo film, loro stessi hanno espresso il desiderio di farne un secondo. Io onestamente all’inizio ho detto che rischiavamo di fare una minestra riscaldata se non trovavamo una bella storia. Ho fatto un po’ di ricerche e, come nel primo, abbiamo mixato cose realmente accadute con la finzione cinematografica che serve per portare avanti una narrazione.
Pensate già a un’eventuale trilogia?
A questo punto, come battuta, si mormora. Io dico sempre di sì, ma metto davanti a tutto la storia. Se c’è una storia bella da raccontare sono favorevolissimo. Meglio lasciar perdere che fare una trilogia solo perché bisogna farla.
E dopo la Romani e la Bulgaria, dove vi piacerebbe andare?
Per scherzare dico sempre che, siccome stiamo andando sempre in paesi dove c’è freddo, dove c’è molto disagio, il prossimo film potrebbe essere Troppo Est. Così tanto a Est che arriviamo a Cuba. Un bel posto caldo, dove c’è stata comunque una grande dittatura, però almeno siamo in un posto un pochettino più esotico.
Sperando che questa volta non ci sia una pandemia di mezzo.
Quella chiaramente è stata una grossa botta perché avevamo tante sale, come ne abbiamo tante anche adesso. Chiaramente il film a livello di festival è andato benissimo, abbiamo girato il mondo, vinto un sacco di premi internazionali, però nelle sale è uscito poco. Questa volta se tutto va bene dovremmo fare un’uscita vera al cinema. Spero che non ci siano una pandemia o una guerra, perché qui ogni giorno ce n’è una.
Questi film sono molto difficili da realizzare, non solo sono ambientati all’estero, ma sono anche in costume. Come avete lavorato nella ricostruzione degli anni ’90 bulgari?
Con l’esperienza del prima ho fatto il secondo, senza ricommettere gli stessi errori, soprattutto di fatica. Consci della difficoltà di ricreare tutto quel mondo, mi sono fatto affiancare fin da subito da una coproduzione bulgara, ho studiato molto, visto un sacco di immagini, un sacco di video. Insomma, bisogna fare tutto il lavoro prima e, soprattutto, ci si affida a delle persone che hanno quel tipo di competenza lì e che ti possano dare i giusti i consigli. Come ad esempio la costumista che fa tutte le ricerche di costumi dell’epoca e ti sottopone delle cose. Scenografia, la stessa cosa. Ogni reparto fa il proprio lavoro affinché ogni scena sia credibile dal punto di vista dell’epoca. La cosa più difficile è ritrovare quei posti della città che siano ancora così come nel ’91, quindi il lavoro di ricerca delle location è stato faticoso. Però anche bello. Siamo molto soddisfatti, è un piccolo upgrade rispetto al primo. Dal punto di visto estetico sarà un film molto più ricco. Abbiamo delle location splendide, molto più grandi, abbiamo molte più comparse, molti più attori per fare una storia più ampia e non accerchiare i tre protagonisti.
Cosa l’affascina di questo periodo storico?
È un periodo di grande transizione il cui eco si porta nella società di oggi. Ciò che stiamo facendo emergere dal film è che si tratta di un mondo che è cambiato dopo la caduta del muro di Berlino. Ci si chiedeva come tutto sarebbe stato diverso. È un po’ una domanda che io lascio in sospeso. La lascio al pubblico.
Come è stato lavorare ancora con Lodo Guenzi, Matteo Gatta e Jacopo Costantini?
Io ogni tanto li guardo e non so cosa dire. Sono magici perché sembrano amici da una vita. Non si sono più visti dopo il film, perché Jacopo vive a New York, Lodo è sempre in tour. Abbiamo una chat insieme, ma non ci frequentiamo nella vita privata. C’è un’alchimia naturale tra di loro, sembrano degli amici che si ritrovano per fare una vacanza insieme. Sono potenti. Insieme, sono ‘qualcosa’.
È stato difficile riprendere le fila di quei personaggi?
Non siamo una produzione ricca. L’unica richiesta che faccio da regista è avere il tempo per fare delle prove con gli attori prima delle riprese. Abbiamo fatto delle prove con tutti gli attori, non solo con loro tre, in modo che a tutti fossero chiari i loro personaggi, gli archi narrativi. In modo che tutti i dubbi venissero affrontati prima del set e non sul set. I tre protagonisti sono sempre gli stessi, semplicemente si fanno qualche domanda in più. Sono un po’ più grandi.
L’anno scorso è uscito il suo ultimo film, Nina dei lupi, un bel fantasy per ragazzi. Cosa c’è in comune tra tutti i suoi film?
Una domanda difficile. Mi sto rendendo conto che non rappresento mai il giorno d’oggi. Rappresento una società distopica o un passato. Non so perché, sicuramente sono più affascinato da storie diverse piuttosto che dalla quotidianità. Che poi mi creo delle difficoltà incredibili, perché ogni cosa che inquadro devo stare attento se esisteva o no. Invece uno ambienta il film nel 2024 e chi se ne frega. Quello che c’è, c’è.
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