Un carcere, il San Michele, e il suo Re, anzi Il Re, Bruno Testori, alias Luca Zingaretti.
C’era una volta Il Re e Il Re è tornato, ovvero il direttore del carcere di frontiera che, al termine della prima stagione, era rimasto esso stesso prigioniero nel proprio regno, anche se “la vulgata vorrebbe che il male fosse seducente, a me – personalmente – non ha mai sedotto, ma è vero che la natura umana tenda sempre verso il peggio”, commenta l’attore.
“Nella prima stagione, finivamo con un tonfo sordo e dolorosissimo. Il monarca assoluto che aveva governato con metodi discutibili il carcere si trova in una cella buia, con i suoi fedelissimi partiti, e con tutta la popolazione carceraria che non vede l’ora di fargli la pelle. C’è l’esigenza di rimanere vivo e di ordinare le idee per uscire dall’impasse. Intanto, arriva in carcere un signore che gli propone di rimetterlo in sella: c’è un bisogno di salvarsi dal malessere psicologico, con anche la possibilità di vendicarsi, ma sempre con uno stato di insicurezza, perché è già caduto dalle stelle alle stalle. Testori chiede di avere intorno i suoi fidatissimi pretoriani e da lì si snodano le otto puntate. Credo Mattia Torre dicesse: ‘l’inferno è pieno di seconde stagioni’, volendo dire che la seconda non riesca a rispettare le aspettative create con la prima, ma io di questa sono molto soddisfatto”, continua il protagonista.
Il prison drama Sky Original presenta la sua seconda stagione, su Sky Atlantic e NOW dal 12 aprile: tutti i venerdì in prima serata, con due nuovi episodi a settimana; il distributore internazionale è Fremantle e la prima stagione ha da poco debuttato negli USA, cosa che Zingaretti commenta come: “motivo di orgoglio enorme. Quando siamo andati in Francia, anche lì ci riempirono di complimenti. Questo viene a confortarci sul buon lavoro fatto” anche se – precisa l’attore – “la denuncia sullo status delle carceri italiane non è il fine della serie; il prison drama vuole raccontare una realtà costretta, affinché i conflitti esplodano. Noi abbiamo rinchiuso le persone dentro un luogo claustrofobico così che escano le dinamiche umane in maniera più feroce. Quello che ho imparato frequentando le carceri e parlando con i detenuti è stata la scoperta del lato umano del vivere lì, dove le amicizie diventano ‘per la vita’, perché esperienze così dure cementano i rapporti; certo non è un educandato, ma c’è anche un bel rovescio della medaglia”. Poi, stimolato a una riflessione sulla realtà delle carceri in Italia, non ha dubbi: “è drammatica, siamo stati sanzionati più e più volte dagli organismi europei, ma la cosa aumenta esponenzialmente: è aumentato anche il numero di suicidi degli agenti di custodia; abbiamo strutture fatiscenti in cui mancano spazi e prerogative per carceri moderne e manca l’idea di luogo in cui redimersi e di re-immissione nella società; sono strutture punitive che inducono a delinquere di nuovo. È difficile parlare di questi temi in un momento di crisi dei valori e economiche, il mondo sta andando in una direzione non augurabile per nessuno, con una Destra che dà risposte semplici a problemi complessi, per cui è difficile parlare di un sistema carcerario da riformare, ma spero sia una situazione che possa cambiare a breve, anche se non sono tanto ottimista perché significherebbe investire risorse importanti. Quello che noi volevamo fare, e non per assolverci, non era un film di denuncia quanto piuttosto usare il format del luogo chiuso perché i conflitti venissero fuori in maniera quasi automatica”.
Con Testori, tornano “le sue donne”: la comandante delle guardie penitenziarie, Sonia, interpretata da Isabella Ragonese; Laura Lombardo (Anna Bonaiuto), pubblico ministero sulla pista della rete di illeciti e connivenze che fanno capo proprio al Direttore e che in questa seconda stagione viene “promossa e trasferita” a causa del Re; e la ex moglie di Bruno, Barbora Bobulova, agente del reparto cybersicurezza.
Ragonese parla della “bellezza di re-incontrarsi per la serie, che ti dà la possibilità di approfondire cose embrionali nella prima stagione. Sonia è un’Amleta, un personaggio combattuto nel dubbio, che si pone quesiti e, a volte, è misteriosa: nella sua testa accadono cose contraddittorie. Ha ammirazione per Testori ma ha anche paura di diventare come lui e questo è ancor più accentuato nella seconda stagione, in cui è costretta a fare scelte attive: relazionandosi al mondo esterno si trova ad agire, un passaggio all’azione molto forte per lei”.
Si conferma anche la regia, di Giuseppe Gagliardi, con la scrittura di Peppe Fiore, Alessandro Fabbri e Federico Gnesini. Per il regista: “con questa seconda stagione abbiamo un’apertura maggiore: la serie è meno claustrofobica, c’è il chiaroscuro dell’interiorità, ma le linee narrative portano Testori più fuori dal carcere e così abbiamo potuto raccontare la città di frontiera, che è Trieste, e l’elemento esterno”.
Date le certezze, debuttano invece nel cast quattro personaggi: Gregorio Verna (Fabrizio Ferracane), vertice dei Servizi segreti; Vittorio Mancuso (Thomas Trabacchi), magistrato detenuto, e la sua legale, Claudia Agosti (Caterina Shula); e colui che sta per diventare un nuovo amico del Re, il detenuto interpretato da Stefano Dionisi.
Per Trabacchi è “interessante lo split iniziale, drammaturgicamente molto potente: Mancuso è un uomo messo in una posizione sconfortevole, che perde il potere, entra lì come un animale impaurito. Lo split dà mistero al ruolo: sembra una vittima ma forse non lo è; e in condizioni estreme, per sopravvivere, siamo costretti a capire come farcela”. Mentre per la sua “partner in crime”, Caterina Shula, “Claudia è molto coraggiosa: tutta la produzione ha sfidato lo stereotipo di una che può essere carina e brava allo stesso tempo, è stato molto stimolante. È una donna luminosa che entra in un mondo oscuro, portando determinazione e sicurezza, tenendo testa a Bruno: due mondi opposti che si tengono testa, appunto, con lei che in qualche momento forse lo strascina nel suo, gli fa venire qualche dubbio”.
Zingaretti di Testori non crede “sia un cattivo, non mi sono mai posto di giudicarlo, piuttosto mi pongo da analista per capirne i meccanismi. Penso che lui fosse un servitore dello Stato che s’è perso, pensando di avere una missione che è diventata un’ossessione. Nell’inseguire il proposito di scoprire cosa bolla in pentola fa cose discutibili, ma ha un senso etico e non è mai guidato dal benessere personale. Da attore e spettatore non posso non provare empatia e simpatia per il personaggio, perché quello che gli succede è molto umano. Io sono sempre stato un attore e un uomo incosciente, per esempio, appena uscito dall’Accademia accettai un ruolo teatrale da protagonista, in cui facevo un detenuto omosessuale in un campo di concentramento: girammo i teatri, venivamo insultati dappertutto; venni sconsigliato di farlo, ma a me piaceva il testo e il messaggio veicolato. Così è stato anche quando ho fatto Montalbano ma non è che ora abbia detto ‘voglio fare un personaggio iconico, che si allontani’, piuttosto volevo raccontare una bella storia; penso che nella vita un essere umano debba pensare di raggiungersi, cioè fare cose per essere felice: questa è la mia stella cometa, a volte ho fatto bene, a volte male, ma rifarei più o meno tutto”.
Sull’ipotesi di una prossima stagione, Zingaretti conferma che “al momento non si parla di terza serie, ma penso ci starebbe; il mio Bruno Testori non muore, ma al momento no, non se n’è parlato”.
In onda dal 17 novembre su Fox Nation. Il regista, 81enne, è anche voce narrante degli episodi che racconteranno le gesta di San Giovanni Battista, San Sebastiano, Giovanna d’Arco, Padre Massimiliano Kolbe e molti altri
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