Nonostante il primo Il ragazzo invisibile, del 2014, non avesse brillato al botteghino (5 milioni di euro guadagnati a fronte di 8 di budget, con parziale recupero in home video), Gabriele Salvatores non molla l’idea di portare avanti una storia di supereroi italiana, concepita precedentemente al successo di Lo chiamavano Jeeg Robot, sicuramente più adatta a un pubblico di ragazzi e sicuramente più vicina a una vera storia di supereroi rispetto al film di Mainetti, che i superpoteri li usava, sì, ma inserendoli in un contesto crime tipicamente romanesco, ribaltando schemi e archetipi, simpatizzando coi cattivi – lo stesso eroe in quel contesto era un simpatico criminale – e qualche volta prendendosi gioco del tutto.
Il Michele Silenzi de Il ragazzo invisibile – Seconda generazione (in sala dal 4 gennaio con 01) è invece un supereroe più tradizionale, in linea con lo Spider-Man di Sam Raimi, nonché con i suoi superproblemi. La sua madre adottiva è morta in un incidente e lui non sa se fidarsi di quella biologica, dotata di poteri speciali come lui. Si tratta di una storia di formazione e di un adolescente in cerca di un posto nel mondo, con tutto il complesso simbolico che la voglia di ‘sparire’ tipica degli adolescenti tormentati si porta dietro. Salvatores non parodizza, non ibrida, non stravolge. Fa semplicemente un film di supereroi, e questo è da lodare. Sa di poterlo fare solo lui perché, dice, “quando ho ricevuto l’Oscar con Mediterraneo ho avuto anch’io un superpotere. E lo voglio usare per fare cose che non so fare, per imparare, per fare qualcosa che non lascerebbero fare a nessun altro. Non ho figli ed è come se ne stessi crescendo uno mio. E poi mi annoierei a fare sempre le stesse cose”.
Rispetto all’originale il film è più dark, tira in ballo più eroi con i poteri più svariati (e soprattutto pensati bene per essere realizzati con un budget limitato, esattamente lo stesso usato per il primo film), volge lo sguardo al ‘gruppo’, quindi agli Avengers e agli X-Men e forse soffre un po’ di un cast di attori che, sebbene valido, sembra trovarsi a disagio tra tute di latex e occhi fiammeggianti. Ottimo invece il comparto di effetti speciali realizzati da Victor Perez insieme a Frame by Frame: “non è mai un problema di budget – spiega l’esperto – tanto vuoi sempre fare di più e il budget non è mai abbastanza né per Batman né per Star Wars. Il punto è: cosa riusciamo a fare con quello che abbiamo? E Gabriele che è un grande regista sa come ottimizzare le inquadrature perché gli effetti funzionino e siano significativi anche dal punto di vista narrativo. Il pc è un pennello, ma per usarlo bene ci vuole il talento. Tutto sta ad abbattere un preconcetto: anche in Italia è possibile realizzare film fantasy e farli apprezzare al pubblico. Abbiamo perfino ricostruito interamente il volto di una persona, proprio come in Rogue One”.
“Più che a Batman o agli X-Men, che non ho mai visto – dice Salvatores – questo film mi ricorda Harry Potter, perché il personaggio cambia e cresce come il suo attore. E scopre i lati oscuri dell’essere adolescente, che non è affatto una fase facile. Assume, volendo, riferimenti young adult. Abbiamo lavorato su alcuni temi sviluppati da ragazzi dopo aver visto il primo film. Il concorso chiedeva di scrivere un sequel. Emergevano due paure fondamentali: quella di non essere figli della propria madre e il terrorismo. Non volevo parlare di terrorismo ma inserire un’idea di cui sono convinto: se qualcuno è cattivo non è perché è nato così, ma l’esclusione, l’emarginazione e la sottomissione lo hanno reso tale”. Nel cast Ludovico Girardello, Ksenia Rappoport, Galatea Bellugi, Ivan Franek, Valeria Golino.
Come per il primo film è prevista un’operazione crossmediale con la pubblicazione di un romanzo e di fumetti, editi, questi ultimi, dalla nota Panini Comics.
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