“Il maledetto”, il Macbeth di Giulio Base come un gangster movie pugliese

Prodotto One More Pictures con Rai Cinema, il film passa nella sezione Freestyle della Festa del Cinema di Roma


“Ho incastrato due cose: il mio amore per i gangster movie e quell’eterna ghirlanda brillante che è il Macbeth”. Così è nato Il maledetto, probabilmente il progetto più ambizioso, ad oggi, di Giulio Base, che ha riletto in chiave moderna il capolavoro di Shakespeare e lo ha affidato ai volti di Nicola Nocella e Ileana D’Ambra, trasformati in Michele Anacondia, piccolo criminale che agisce ai margini della malavita pugliese, e sua moglie. Sono animati da un feroce spirito di rivalsa e dal dolore per la morte del loro figlioletto in un agguato, sentimenti che li porteranno, con la spietata determinazione di lei, a prendere le redini della Sacra Corona tra incubi, ossessioni (anche sonore) e grandi spargimenti di sangue.

Scritto e diretto da Giulio Base e prodotto da Manuela Cacciamani per One More Pictures con Rai Cinema, il film viene presentato nella sezione Freestyle della Festa del Cinema di Roma. “Nel 1993 il quotidiano l’Unità pubblicava un soggetto che Luchino Visconti aveva firmato con Suso Cecchi D’Amico nel 1967, un Macbeth nel mondo della finanza – spiega il regista – Ho un legame fortissimo con il testo di Shakespeare, l’ho visto tantissime volte e la mia prima esperienza di regia è stata proprio con la versione televisiva di Macbeth fatta da Vittorio Gassman. Parliamo di 30 anni fa, e nel corso di questi 30 anni ho elaborato quell’esperienza e l’ho combinata col mio desiderio di fare un gangster movie. Ho rivisto tanti film di mafia e ho capito che la malavita pugliese poteva essere un terreno originale di scrittura, per certi versi vicino a quello di Visconti. Sono andato quindi verso l’idea del ‘dio di guerra’ di Macbeth parlando di finanza e arsenali”.

Nei panni del taciturno ma violentissimo protagonista, inaspettatamente, c’è Nicola Nocella: “Rivedendo tanti film di questo genere – aggiunge Base – avevo sempre l’impressione che ci fosse una forma di perdono, se non di esaltazione, del gangster, ma riattualizzando il racconto e mettendolo alla prova di una realtà in cui c’è chi queste cose le fa creando vedove e orfani, non mi sembrava giusto rendere il mio protagonista un eroe. La scrittura è andata in questa direzione e così l’aspetto fisico del protagonista: da subito ho scelto non un padrino, ma uno simile a quelli che vediamo sui giornali come boss, che spesso sono brutti e cattivi. Ho voluto un protagonista con una corposità da antagonista e mi è subito venuto in mente Nicola, perché lo vedo come un attore capace di fare tutto. Gli ho chiesto solo di essere agile. Se è un dio di guerra, deve essere un rambo, uno sniper”.

“Ho vissuto in simbiosi pura con Giulio – testimonia Nocella – Ho fatto una grandissima fatica fisica e mentale, ho letto e ascoltato di tutto per avere chiaro chi fosse Michele. Ero un po’ avvantaggiato perché conoscevo il pugliese, ma questa fatica mostruosa paradossalmente mi ha ridato la voglia di fare il mio mestiere: per me è stato un film spartiacque, come se avessi fatto un master per capire fin dove ci si può spingere”.

Un elemento caratterizzante di questo Macbeth pugliese è il mondo sonoro che lo avvolge: fischi ossessivi, rumori stordenti che sembrano non finire mai: “Quello del suono è un territorio che si può e si deve esplorare di più, soprattutto nella zona di coscienza in cui abbiamo lavorato. Volevo i monologhi dentro la testa, ho lavorato più settimane sul suono che sul montaggio”.

 

 

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16 Ottobre 2022

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