Il ‘Leviatano’ di Rodrigo Plá

Dal 3 novembre al cinema il dramma surreale Un mostro dalle mille teste dell’uruguayano Rodrigo Plá, che nel 2007 si era affermato a livello internazionale con il lungometraggio d’esordio


Dal 3 novembre al cinema, dopo aver inaugurato nel 2015 la sezione Orizzonti di Venezia, il dramma surreale Un mostro dalle mille teste dell’uruguayano Rodrigo Plá, che nel 2007 si era affermato a livello internazionale on il lungometraggio d’esordio La zona, pluripremiato in numerosi festival. Il film mette in scena con asciuttezza una parabola sociale di denuncia dell’inefficienza e la corruzione di una società che guarda solo al profitto. Una donna che, per un errore tecnico, non riesce a ottenere il lasciapassare per l’assicurazione medica che spetterebbe a suo marito, gravemente malato di cancro, impugna una pistola e con la forza della disperazione mette sotto giogo i responsabili.

In soli 75 minuti, i protagonisti di un comune caso di malasanità diventano gli eroi negativi di una paradossale vicenda di cronaca nera, che si colora di tragedia. Il ricorso alle convenzioni del thrilling si piegano all’esigenza di denunciare il mostro dalle mille teste – una burocrazia dalle sfumature kafkiane – che minaccia la vita dei cittadini comuni. Nell’impossibilità di difendere altrimenti i propri diritti di fronte all’irresponsabilità morale di chi detiene il potere di controllo, all’individuo non resta che reagire in maniera distorta e autolesionista. Laura Santullo, moglie del regista, è sceneggiatrice del film, tratto da un suo romanzo: “varie esperienze della mia vita che si sono sommate e che ricordavo – dice – mi hanno spinto a realizzare questa storia”. “Nel libro – dice il regista – tutti parlano in prima persona e rispetto alla trama ciascun personaggio assume un punto di vista differente. Mi sembrava realistico e ho voluto mantenere questo aspetto nella pellicola, e ha aiutato a moderare la tensione drammatica spingendo lo spettatore a immaginare diverse soluzioni possibili. Non c’è una linea radicale.  Abbiamo giocato con la narrazione, lavorando anche di improvvisazione. La sceneggiatura è stata costruita piano piano, mentre Laura leggeva il libro e gli attori pian piano inserivano degli elementi nuovi.

E’ un film che parla di gente comune, dell’incapacità di vivere un lutto. Jana Raluy, attrice teatrale, copre il ruolo della protagonista: “Mio padre è morto di cancro – dice –quindi identificarsi non è stato difficile. La protagonista non premedita di fare del male a nessuno, è semplicemente disperata e schiava delle sue stesse azioni”. “Né abbiamo cambiato troppe cose rispetto al romanzo – aggiunge di nuovo il regista – ci sono delle differenze minimali ma tutto sommato la trama è fedele, compreso il finale ‘aperto’. Non volevamo che lo spettatore avesse una soluzione a portata di mano. Può empatizzare con la protagonista ma in definitiva prendere un’arma e puntarla contro qualcuno non è certo una scelta normale. I personaggi sono appunto in condizioni di fare delle scelte e sbagliare, e questo è interessante. Credo che il film abbia la lunghezza giusta per il suo equilibrio. Certo se qualcuno mi avesse chiesto di farlo più lungo, pur di entrare nel Concorso principale, l’avrei fatto. Ma sono contento comunque, il pubblico di Venezia è meraviglioso e lo spazio anche, e poi mi ha portato fortuna già una volta”.  

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02 Settembre 2015

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