Dalle baraccopoli del Sud America ai marciapiedi del Nord della Francia, bambini comuni – quanto eccezionali – si mobilitano, cercando di fermare gli scempi dell’umanità, dallo sfruttamento del lavoro minorile all’assistenza dei senza tetto, dalla questione delle spose bambine alla tutela delle specie animali in estinzione.
Il futuro siamo noi (Demain est a nous – Forward), titolo e “grido” collettivo di una decina di bambini, “capitanati” da Josè Adolfo Quisocala, peruviano e attualmente 13enne, ma attivo da quando aveva soli 7 anni: il suo progetto, dal Sud del Perù a Stoccolma – nel Palazzo del Premio Nobel –, dove ha vinto il Premio Internazionale per il Clima nel 2018; José ha creato BEB – Banco Cooperativo del Estudiante Bartselana, una banca dedicata ai bambini, che possono aprire un conto, possedere una carta di credito, anche se non posseggono ancora denaro da depositare, che però possono guadagnare contribuendo a portare nei punti di raccolta tutto ciò che si può riciclare, come la carta delle dispense scolastiche, cui corrisponde un credito in denaro. José oggi gestisce 3000 conti correnti, scambiando rifiuti con soldi, non va a scuola perché non ha tempo, ma fa corsi per corrispondenza, e non è l’unico attivista bambino del mondo, come racconta il documentario di Gilles De Maistre.
Il film – con il patrocinio di Unicef Italia e Unesco – narra, mostra e pone il proprio fuoco sull’importanza degli ideali a misura di bambino, creature “piccole” ma palesemente capaci di grandi imprese di beneficio globale, certi che “noi bambini stiamo salvando il mondo”.
Con José baricentro del racconto, De Maistre compie un giro del mondo, per far conoscere gli altri “compagni” del piccolo peruviano: Aissatou, 12 anni, dalla Guinea, attiva contro i matrimoni precoci delle bambine: il 64% viene data in sposa prima dei 18 anni; Arthur, coetano, dalla Francia settentrionale, ha una particolare sensibilità per le persone senza cibo né dimora: si fa portare regolarmente dai genitori, dopo la scuola, a prendersi cura dei senza tetto, dipinge quadri e li vende per finanziare il suo intento, con lo scopo ultimo di poter costruire una casa per questi esseri umani; c’è poi un altro 11enne sudafricano impegnato nella missione di salvare rinoceronti e a Los Angeles una coetanea nera – da quando aveva 8 anni – aiuta i clochard della città, soprattutto garantendo igiene personale e intellettuale: ha distribuito 5000 borse con beni per la cura di sé e libri; ancora, dall’India, Heena, giornalista prodigio, che vive con la numerosissima famiglia in una cantina, ma non per questo si piange addosso, anzi guida la testata “La voce dei bambini”, spazio per e dei bambini, per esempio indagando sullo sfruttamento minorile; così Peter, Kevin e Jocelyn, in Bolivia, sono le anime trascinanti delle manifestazioni di bambini che si battono per i diritti rispettati, in particolare per coloro che lavorano – anche 16 ore al giorno – per poter andare a scuola.
Sono tutti bambini “normali”, certo fuori dal comune per il proprio slancio umano e del sentire collettivo, con una visione del futuro, bambini che la loro piccola età anagrafica non ha mai fatto sentire troppo deboli o troppo isolati per opporsi alle ingiustizie e alle violenze. Per quanto piccoli, si sono resi conto molto presto delle disuguaglianze e delle storture del mondo.
Questo documentario racconta le storie emozionanti di bambini che hanno la forza di combattere battaglie, per sé, per la collettività, nel nome del mondo che verrà: dal 13 maggio in sala, distribuito da Officine UBU.
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