Tappeto rosa, nel senso di una forte presenza femminile non solo tra le attrici e i personaggi ma anche con molte registe. Tantissimo cinema italiano, a partire dai quattro titoli in concorso, tra cui due opere prime. Aria di crisi economica che aleggia anche sul mercato The Business Street. Ecco in estrema sintesi l’edizione numero sei del Festival di Roma, presentata a meno di due settimane dall’avvio (il 27 ottobre, mentre la chiusura è il 4 novembre). Il palinsesto del festival è un work in progress con i titoli che continuano ad aggiungersi al programma messo a punto da Piera Detassis e dai curatori delle sezioni Gaia Morrione, Mario Sesti, Gianluca Giannelli.
Enti locali compatti attorno alla manifestazione, che ha subìto invece un attacco da parte del ministro Galan nei giorni scorsi. “Abbiamo chiesto 260mila euro, ma non abbiamo certezza né della cifra né dell’effettiva erogazione, per ora il ministero ci ha concesso solo il patrocinio”, chiarisce il direttore generale Francesca Via.
Più diretto il sindaco Gianni Alemanno, che è un po’ la star di questa conferenza stampa. Arrivato con una buona mezz’ora di ritardo, fa subito notizia con una frase ad effetto battuta prontamente dalle agenzie:” Non permetteremo a nessun ministro di rompere le scatole al Festival del cinema di Roma”. Mentre Renata Polverini ribadisce che l’audiovisivo è patrimonio del Lazio, con i suoi 250mila addetti nel settore, ma smorza il fuoco: “E’ una polemica ampiamente superata, anche perché il ministro Galan, sensibilizzato da esponenti di governo affezionati a Roma e al cinema, ha subito mantenuto gli impegni”, dice la presidente della Regione.
La questione, in fin dei conti, è sempre quella dell’identità del festival. Festival-festa come piace dire a Piera Detassis. O comunque festival espanso, con regole sue. “Il raffronto con Venezia e Cannes è fuorviante, noi guardiamo al pubblico e non siamo su un’isola, Roma è una città dove c’è l’industria del cinema e dove c’è tanto pubblico appassionato. Non possiamo ricominciare ogni anno ad accreditarci”, dice il direttore artistico.
Per Mario Sesti, curatore di Extra, la formula metropolitana, in stile Berlino o Toronto, è quella vincente. Mentre il presidente Gian Luigi Rondi, quanto mai sornione, si limita sottoscrivere la battuta del sindaco. Comunque sia, le cose stanno così: il concorso non è necessariamente il cuore di un programma vistosamente eclettico, dove c’è spazio un po’ per tutto, dove ai film si affiancano gli incontri (tornano i Duetti, mentre Michael Mann terrà un master class), le mostre (quelle dedicate a Monica Vitti per i suoi 80 anni, con il volume pubblicato da Cinecittà Luce e curato da Stefano Stefanutto Rosa, quelle su Pier Paolo Pasolini e Audrey Hepburn), un beniamino della platea romana come Richard Gere tornerà per ritirare il Marc’Aurelio alla carriera. Si parlerà anche di identità italiana e di Risorgimento, a coronamento del 150° anniversario dell’Unità. E poi ci sono tantissime ospiti che sfileranno sulla passerella d’artista, firmata dal britannico Simon J. Lycett: Penelope Cruz, Michelle Yeoh, Noomi Rapace, Kristin Scott Thomas, Micaela Ramazzotti, Charlotte Rampling, Maggie Gyllenhaal, Olivia Newton John, Valeria Golino, Claudia Gerini, Maya Sansa e Carolina Crescentini per citarne solo alcune e in ordine sparso. Wim Wenders parlerà del futuro del cinema e riproporrà il suo splendido omaggio in 3D a Pina Bausch visto alla Berlinale. A conferma ulteriore che Roma non ha l’ossessione delle anteprime assolute.
Quattro italiani in competizione e due fuori, si diceva. Un viaggio dal Nord attaccato dalla crisi di Marina Spada attraverso le Marche di Avati, la Napoli anni ’70 di Ivan Cotroneo, fino alla Puglia di Pippo Mezzapesa. Un veterano, due esordienti, una guerrigliera del cinema alternativo. Fuori gara il film di Faenza Un giorno questo dolore ti sarà utile, cast interamente americano, produzione Usa. E ancora L’industriale di Giuliano Montaldo con Pierfrancesco Favino. Anche qui echi di crisi globale. Come in Too Big to Fail di Curtis Hanson con William Hurt e Paul Giamatti.
Tanti i documentari. Tra questi La passione di Laura dedicato all’amore di Laura Betti per Pier Paolo Pasolini (è targato Cinecittà Luce). Tante le rarità. Come la regia inedita di Lelio Luttazzi L’illazione realizzato quasi come risarcimento dopo la vicenda giudiziaria che l’aveva coinvolto. Mentre I primi della lista di Roan Johnson – ancora distribuito da Cinecittà Luce – racconta un momento chiave della storia del movimento, quando nel 1970 si diffuse la notizia che era imminente un colpo di stato militare in Italia sul modello della Grecia. Tormenti, invece, è l’ultimo film di Furio Scarpelli e nasce dai suoi disegni. Aurelio De Laurentiis ha voluto il restauro di Totò in 3D. La storia dell’incontro tra Marilyn e Laurence Olivier rivive in My week with Marilyn, una settimana sul set de Il principe e la ballerina.
Cautela di Roberto Cicutto, direttore di TBS, sulle prospettive del mercato. “Le cifre le daremo a consuntivo. L’anno scorso dicevo che malgrado la vicinanza con l’American Film Market eravamo cresciuti, quest’anno con una serie di problemi anche economici, spero che manterremo il livello”. Ma è buon segno che istituzioni europee di rango come Eurimages e Media Programme l’abbiano scelto come luogo dove parlare ai produttori. Non mancheranno dunque i convegni, organizzati in collaborazione con Anica, come quello su “Banche, imprese e cinema”, dove si discuterà soprattutto di come stanno funzionando gli incentivi fiscali. Si conferma e si espande l’Industry Books, ora collegata alla Buchmesse di Francoforte e al Salone del Libro di Torino.
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