Il crollo della Lehman Brothers al microscopio


Mentre la crisi globale si fa sempre più minacciosa e ci bussa alla porta di casa, il Festival di Roma la cavalca con l’anteprima di Too big to fail (sottotitolo italiano Il crollo dei giganti), il film girato per la HBO dal premio Oscar Curtis Hanson (L.A. Confidential) con supercast. Un’anteprima a dire il vero un po’ risicata, visto che dopodomani, 4 novembre, andrà in onda su Sky Cinema1Hd (alle 21,10).

 

D’altronde al festival non sono venuti né il regista né il protagonista William Hurt, che dà vita a uno splendido ritratto di uomo politico in conflitto di interessi col suo ruolo istituzionale – ma con venature ben più sottili rispetto ai casi italiani.  E’ infatti Henry Paulson, tormentato Segretario del Tesoro di George W. Bush ed ex boss della Goldman Sachs, chiamato a gestire la crisi terminale della Lehman Brothers – seguita al crollo dei subprime e al declassamento della banca e giunta fino al crac. L’attore americano, nelle interviste, definisce Paulson “uno che si credeva troppo grande per fallire”. Ma la definizione vale per tutti i protagonisti di questa vicenda davvero agghiacciante specialmente se pensate che è vera. Il film infatti è basato sul bestseller di Andrew Ross Sorkin, reporter del New York Times, che nel 2008 svelò molti dei retroscena della crisi e che diventa un thriller da camera stretto sui protagonisti di quelle drammatiche settimane in cui tra Wall Street e la Casa Bianca si decideva il destino dell’economia mondiale, spesso più per tentativi che in virtù di una strategia certa. Alla fine, a quanto pare, le molle dell’agire umano sono sempre le stesse: avidità, orgoglio, paura. 

In scena molti degli attori di quella vicenda: l’ad di Lehman Dick Fuld (James Woods), alla disperata ricerca di finanziatori ma anche esaurito tanto da sbagliare una mossa decisiva con importanti investitori coreani; il presidente della Federal Reserve Ben Bernanke (Paul Giamatti); Timothy Geithner, presidente della New York Federal Reserve Bank (Billy Crudup); il presidente e a di JP Morgan Chase Jamie Dimon (Bill Pullman). Un mondo quasi tutto al maschile, con l’eccezione del segretario per gli affari pubblici al Dipartimento del Tesoro (Cynthia Nixon).”La maggior parte dei miei film – spiega Hanson – affronta la vicenda di un personaggio che cerca di diventare migliore e di evolversi. Credo sia quello che Henry Paulson cerca di fare. Viene accusato di essere tra coloro che hanno creato le circostanze che portano alla colossale crisi, ma cerca comunque di fare del suo meglio per trovare una soluzione. E lo fa anche se questa soluzione va contro tutto ciò in cui ha fermamente creduto durante la sua carriera finanziaria”. Del resto, aggiunge il regista: “Quello che mi interessa di solito sono i personaggi. La maggior parte dei film che ho realizzato erano incentrati su persone in circostanze difficili, ho sempre cercato di tracciare per loro una via d’uscita in cui potessere dare il meglio di se stessi. E Too big to fail non fa differenza”.

Ma la tragedia dei personaggi è in questo caso una tragedia in cui tutti siamo coinvolti in prima persona. E la cosa più impressionante è proprio vedere come un pugno di uomini, con le proprie fragilità e i propri interessi personali, reggano i destini del mondo in una relazione vischiosa e rischiosa tra finanza e politica dove è difficile capire chi manovra chi. E quando il Congresso è chiamato in causa per votare uno stanziamento di capitali salvabanche, il cosiddetto TARP, il Tesoro espone le sue tesi in tre scarne paginette. Come dire, tutto passa sulla testa dei cittadini americani. E figuramoci di quelli di altri paesi meno potenti. Non molto si dice dei destini di coloro che avevano comprato una casa con i soldi facili distribuiti a pioggia da Bush e compagni in un delirante nuovo sogno americano. Sull’argomento rimandiamo a un documentario visto qui al Festival di Roma l’anno scorso: Inside Job.

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02 Novembre 2011

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