Il 3D da attrazione a emozione


BOLOGNA – Oggi al Future Film Festival, di cui CinecittàNews è Internet Media Partner, si parla di 3D. “Eravamo indecisi se organizzare o meno un 3dDAY per questa edizione – spiega la direttrice del festival Giulietta Fara – perché già comincia a diffondersi l’opinione comune che la stereoscopia stia cedendo il passo, che i film realizzati in 3D non vadano poi così bene al botteghino e via dicendo. Ma lavorando sull’argomento ci siamo invece resi conto di come la tecnica sia ancora molto forte e venga applicata con risultati sorprendenti non solo nel campo della cinematografia ma anche in altri settori come ad esempio quello della divulgazione scientifica o quello dei parchi a tema”.

 

E proprio di quest’ultimo punto si parlerà nella primissima parte della giornata, con la presentazione dell’attrazione Huntik Dark Ride del Rainbow Magic Land, ispirata a una celebre serie di cartoon televisivi, a opera dei VFX supervisor Tommaso Gomez e Franco Valenziano. Si tratta di un’attrazione complessa, innovativa nel suo genere perché integra elementi interattivi simili a quelli di un videogioco, alternando il percorso fisso su binari – come nel disneyano Pirati dei Caraibi, che ha originato la famosa serie di film – a momenti in cui l’illusione di movimento è creata dal coordinarsi delle immagini su schermi enormi e dello spostamento della vettura basculante su più assi. In più, ci sono anche i più tradizionali pupazzi animatronici, di grande realismo, stando a quanto si può vedere dal filmato che ha accompagnato il tutto. “Il bello delle attrazioni in 3D – spiegano Gomez e Valenziano – è che puoi tranquillamente esagerare, senza preoccuparti dello stress visivo che comporta ad esempio un film di due ore. L’attrazione dura cinque minuti ed è considerata una dark ride piuttosto lunga, quindi ci diamo dentro, per far sì che il pubblico sia totalmente immerso e coinvolto nell’azione”.

 

I lavori del convegno proseguono poi con l’anteprima di un corto in 3D finanziato dall’Istituto Nazionale di Astrofisica e con una riflessione sui risultati al botteghino dei film in stereoscopia con uno sguardo ai prossimi titoli in uscita, condotta da Antonio Autieri, direttore della rivista ‘Box Office’.

Noi, però, ci spostiamo per parlare con chi nel 3D ci mette letteralmente le mani. Parliamo di Joshua Hollander, direttore degli effetti 3D della Pixar, che domani presenterà al pubblico in una sneak preview alcuni estratti del film Ribelle – The Brave, in uscita in Italia il 5 settembre. In linea con il tema delal giornata, gli chiediamo: come si porta il 3D da semplice effetto scenografico in stile ‘montagne russe’ a elemento narrativo all’interno di una pellicola di due ore? “Per noi – risponde lui – parte tutto dalla storia e dai personaggi. E’ questo che ci fa capire dove dobbiamo limitarci nell’uso della stereoscopia e dove invece dobbiamo calcare la mano. Dipende dalla carica emotiva dei vari momenti del film. E’ come qualsiasi altro mezzo tecnico: la luce, la colonna sonora, la fotografia, il colore. La finalità è creare un rapporto con il pubblico per farlo sentire parte della storia. In The Brave ad esempio esaltiamo il senso di magia della storia, usiamo il 3D per sottolineare i momenti di tensione tra la protagonista e sua madre”.

 

Pixar è anche al lavoro sulla riconversione in 3D di un grande successo degli scorsi anni, Alla ricerca di Nemo. “Non sono io che scelgo quali film riconvertire, ma posso dire che in questo caso la pellicola si prestava particolarmente, dato che dal punto di vista visivo è assolutamente stupefacente. Pensiamo all’oceano, alle distanze, all’infinità delle prospettive e all’interazione corale tra i personaggi. Poi, naturalmente, dipende dalla popolarità dei progetti e Nemo sicuramente è uno dei più amati, insieme a Toy Story e Il Re Leone. The Brave, si potrebbe dire, sarà invece il nostro primo fantasy, almeno in senso tradizionale, ma non c’è ragione di preoccuparsi: è sempre una storia Pixar, con il suo senso dello humour, la sua dolcezza, le emozioni a cui il pubblico è abituato. Per noi storyteller è una gioia ogni volta che abbiamo un mezzo nuovo con cui potervi emozionare e il 3D è uno dei questi. Siamo affabulatori. Ma nel processo di filmaking nulla è cambiato. Non pensiamo a fare un film in 3D, solo a fare il miglior film possibile. Io ho alle spalle diverse esperienze nel campo del business musicale, poi mi sono occupato di tematiche ambientali prima di approdare in Pixar. Mio fratello già ci lavorava, una volta sono andato a trovarlo e la magnificenza di quel posto mi ha convinto a lasciare New York per la California. Ma sono partito studiando antropologia, perché mi ha sempre affascinato la necessità dell’uomo di raccontare storie, e il notare che anche popolazioni lontanissime tra loro partivano da archetipi molto simili”.

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