Un’opera prima che fa scuola nel panorama della commedia nostrana. Due fratelli squattrinati, un tempo alto borghesi ora senza prospettive e senza una famiglia su cui contare, s’arrabattano per garantire alla sorellina tredicenne un futuro: con maschere di gomma, acquistate dopo un esilarante contrattazione al negozio cinese, e un po’ d’incoscienza, demoliscono, prezzolati, l’identità di plurimi “furbetti del quartierino”, nei panni di contemporanei Robin Hood: cosa non si fa per campare!
I peggiori – Eroi a pagamento non fotocopia per l’ennesima volta storie e cliché del genere ma propone una trama figlia di una reale conoscenza metabolizzata della nostra commedia più significativa, quella che ha fatto davvero la storia del cinema italiano. Il regista Vincenzo Alfieri adatta con snellezza al contemporaneo la commedia, completamente calata sia nel momento sociale che nel linguaggio della Rete, proposto anch’esso con naturalezza. L’immagine e l’immaginario del cinema e della serialità televisiva statunitensi sono complici della sceneggiatura, ma soprattutto dell’estetica: il regista usa con cognizione di causa la macchina da presa, indubbiamente la macchina a mano, ma non impiegata come vezzo o con inquadrature da mal di mare, ma sempre pennellata sulla sequenza precisa. Il film non si basa sulle consuete facce d’attore che prolificano sul nostro grande schermo, spesso a rischio di confusione per lo spettatore che non distingue nemmeno più una sceneggiatura dall’altra: Alfieri usa se stesso (Fabrizio), accanto a Lino Guanciale (Massimo), unico interprete pop (Che Dio ci aiuti 1-4, La dama velata, per la televisione; The Space Between, Maraviglioso Boccaccio, per il cinema, tra gli altri) dichiaratamente riconoscibile, nel film “spogliato” dal consueto ruolo, quello del giovane dal profilo borghese ed educato, sempre formale anche nelle parti più leggere. Guanciale non fa assolutamente rimpiangere l’assenza di un interprete più sdoganato dalla commedia, anzi la scelta e l’interpretazione si rivelano efficaci anche, e proprio, per la non sovraesposizione e per la prova convincente che lui dà nei panni del figlio di papà decaduto dall’alta borghesia, dallo spirito un po’ infantile e un po’ scansafatiche, da diventar iconico per alcune sue passioni, come l’amore per il gioco del golf praticato sul tetto di casa, abbigliato con un accappatoio stropicciato che vorrebbe strizzare l’occhio ad una elegante vestaglia da camera, portato con calzino di spugna ai piedi e ciabatta da spiaggia. La scrittura di tutti gli altri personaggi non è da meno, in particolare quello della piccola Sara Tancredi, nel ruolo della sorellina di Alfieri e Guanciale, che con il suo palese talento naturale ha indubbiamente concorso al personaggio di Chiara: intraprendente, rissosa, in fondo materna, ragazzina dal talento informatico.
Tra gli altri, anche Biagio Izzo, Francesco Paolantoni, Ernesto Mahieux, profilati quasi come caratteristi, pur mantenendo una credibilità universale. Vincenzo Alfieri dirige con I peggiori il suo primo lungometraggio, dopo essersi distinto in passato con webserie – Forse sono Io e Forse sono Io 2 -, ma soprattutto con il corto Il lato oscuro, in selezione ai Nastri d’argento 2016 e al Festival di Giffoni poi, come attore, per il complesso ruolo in Niente può fermarci, in cui interpreta un giovane affetto dalla sindrome di Tourette. Frequentava il liceo, Alfieri, quando ebbe la prima idea del film, poi messa all’angolo da altri progetti e dal tempo che passava, ma la sua passione adolescenziale per il fumetto e i supereroi gli hanno dato il primo sprone per l’idea, ripresa in mano “tre anni fa, quasi svogliatamente, scorrendo le foto sul computer, dove ne ho ritrovata una del liceo in cui reggevo tra le mani la mia sceneggiatura. Un segno del destino, ho pensato. E così l’ho ripresa e ne ho tirato fuori il film che ho sempre avuto in mente”. I peggiori è stato prodotto da Lucisano e Warner Bros. Pictures, che lo distribuisce in sala dal 18 maggio.
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