Uno accanto all’altro, o quasi: sono terrazzi, gemelli, vicinissimi, e altrettanto vissuti da persone che spesso non hanno consapevolezza di quale essere umano possa trascorrere la propria esistenza proprio lì, a pochi metri da sé. L’indifferenza incombe, spesso. Non sempre.
Questa la premessa anche di Pietro (Christian De Sica) e Eleonora (Teresa Saponangelo), che però – per la comune passione per il giardinaggio – accorciano man mano la distanza inesistente, intessendo un empatico avvicinamento nel nome del dolore: un sentimento non detto, ma vessante, che grava, per entrambi, e che entrambi nascondono al prossimo, oltre che a se stessi.
“È stata una festa per me che ho sempre fatto film comici e farse: serviva l’ipersensibilità femminile per un film così. Credo sia la prima volta che faccio un uomo buono, educato, rispetto ai misogini e mascalzoni che ho sempre interpretato. Nel film di Caterina Carone ho seguito il consiglio di mio padre: ‘non dire la battuta a effetto ma cerca di guardare l’attrice che hai davanti, guardala negli occhi, e risponderai correttamente’. Io sono un timido che fa finta di non esserlo. Teresa Saponangelo è stata la mia Ginger, e io Fred. È un film difficile, artisticamente severo, ha bisogno di un festival e di giornalisti che ci aiutino a portarlo nelle sale: siamo stanchi di violenze e suburre, e Caterina è riuscita a metterci la bontà, come mio padre riusciva a metterci la pietas”, commenta Christian De Sica.
È un luogo sospeso il terrazzo, un luogo che tocca la terra e così il cielo, in fondo protetto dal rumore e dalla velocità famelica della città che certamente contrasta con un sentire difficile, che lì, a metà dell’aria, e nel pieno dell’accoglienza emotiva dell’altro, comincia a sentirsi più protetto e meno minacciato, tanto da far capolino con uno sguardo lanciato alla possibilità di essere felici, almeno per quell’istante di prossimità, perché nulla è per sempre.
Con De Sica “volevamo fortemente tornare a lavorare insieme dopo una commedia surreale, garbata (Fräulein – Una fiaba d’inverno, ndr) e volevamo però fare un film drammatico, portando Christian a raccontare di un incontro dove fosse possibile per lui mostrare quanto sia un grande attore drammatico. Il connubio con Teresa è stato naturale: sono autentici, non si prendono troppo sul serio, lavorano con impegno e con i piedi per terra. Poi, con Ciprì e Piovani è stato un incontro con due maestri veri, umili e artigiani: è stato bello vederli all’opera, perché fare cinema significa risolvere problemi, lavorare in scrittura, incontrare persone, aver la fiducia di un produttore. Da Daniele e Nicola ho imparato a stare sul film e ad avere rispetto degli artisti del passato”, racconta la regista.
Per Saponangelo “c’è stata una complicità di intenzione e di spirito tra me e Christian che ha permesso di lavorare su un terreno comune, con la sguardo in ascolto di Caterina. Per me Christian oltre a essere un grande attore è un uomo perbene, un signore elegante: dico questo perché ha dato la cifra giusta al film. Eleonora incontra una persona carismatica e si rilassa perché è una persona sensibile. Questo è un film che racconta anche che l’arte sia una risorsa, per se stessi e per chi guarda”.
“Queste due solitudini, in un momento così difficile, riescono a trovarsi e per un attimo a essere felici: io ascolto lei e lei me. Il pubblico ha bisogno del buono, del bello, dell’amore, se no mostriamo ai nostri figli un mondo di merda, di stupro, di schifo. Io non voglio fare personaggi negativi tout court. Non è un film sull’Alzheimer, e io invece di aggiungere ho sottratto, rispetto alla mia natura di attore comico, e questo grazie a Caterina che mi tratteneva. Ho cercato di essere me stesso, nient’altro. Se tu riesci a non recitare, a essere vero, questo viene fuori. Questo è il mio 113° film ma Teresa è una mosca bianca: riesce a farti stare tranquillo. E comunque far ridere è molto più difficile, perché è un fatto di tecnica: mentre qui devi andare avanti col cuore, con l’anima. Credo a papà Vittorio piacerebbe tanto questo film per l’ipersensibilità di Caterina: lui non sapeva muovere la macchina come Fellini, o non era un metteur en scène come Visconti, ma lavorava sull’attore, e Caterina lavora così; se io non avessi avuto gli insegnamenti dal passato non sarei riuscito. Il primo film della mia vita l’ho fatto con Roberto Rossellini e da lì ho imparato tanto, così come da Cesare Zavattini. Io devo tutto al passato”, aggiunge De Sica.
Caterina Carone ha presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma 2023 I limoni d’inverno, che esce in sala il 30 novembre con Vision Distribution e Europictures.
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