I cineblogger tra il vecchio e il nuovo

All’incontro “L'esplosione dei cineblogger. Stanno cambiando la critica italiana?” promosso dalla rivista 8½ i tre cineblogger presenti la critica on line ha ridimensionato quella tradizionale


TORINO. Che sia tramontato, se non deceduto, il critico cinematografico che sentenziava quale film fosse bello e quale brutto è un fatto ormai indiscutibile. E’ finito il tempo del critico che emette giudizi inappellabili secondo Gianni Canova che apre l’incontro promosso dalla rivista , di cui è direttore, dal titolo “L’esplosione dei cineblogger. Stanno cambiando la critica italiana?”. A discuterne, in occasione del Torino Film Festival, sono stati invitati tre autorevoli cineblogger, più o meno giovani.
Alla domanda dell’incontro Canova risponde che il cambiamento è in corso, c’è del nuovo a patto però di riconoscere quanto c’è di vecchio nel nuovo, vedi certa critica barricadera on line.
Non si sente di far parte di questa categoria Cecilia Strazza. L’obiettivo del blog è per lei quello di offrire a chi legge strumenti di comprensione del film, evitando di far prevalere il giudizio.

Nell’epoca dei social per Emanuele Rauco la funzione del critico non è venuta meno purché non si trasformi in giudice insindacabile ma in colui che propone uno sguardo, che aiuta a vedere quel che il lettore non vede nel film. La difficoltà per un blogger è allora costruire quell’autorevolezza nella rete dove tanti la mettono in discussione.
Di certo la critica on line ha ridimensionato la critica di un tempo arroccata su posizioni vecchie e schematica, ma si è giovata anche di un cambiamento in corso anni prima grazie a riviste di settore quali ‘Film TV’, ‘Duel’, ‘Sentieri selvaggi’, da cui peraltro provengono alcuni blogger.

Canova sottolinea la passione per il cinema, l’analisi illuminante presente a volte nei blogger e tuttavia una nuova generazione subentra alla vecchia usando la strumentazione tecnico-retorica propria della generazione precedente.
Per Antonio Valenzi ci troviamo nel guado, non c’è una linea di demarcazione netta tra vecchia e nuova critica, del resto la rivoluzione digitale non è terminata. Nel frattempo se pensiamo al passato la carica innovativa del blog è indiscutibile. Ma quando mancano l’apertura all’universale, superando lo specifico, e la competenza, il blog arranca.

Canova domanda se i blogger hanno l’impressione di essere letti davvero e che quello che scrivono genera pensier
Rauco sottolinea come i lettori, dai 20 ai 30 anni, cerchino nella recensione un linguaggio, più comprensibile, non accademico, più colloquiale, magari anche ironico. Quanto ai nativi digitali propone, tra il serio e il faceto, dei corsi d’educazione civica sull’uso dei social network.
“Il più grande limite alla libertà di chi legge è l’aggressività – risponde Cecilia Strazza – Possiamo fare buona critica sul blog se ci sono buoni lettori e se prevale curiosità in chi scrive. Allora ne deriva un uso corretto della libertà della rete”. Per Valenzi in rete spesso ci si esprime per far emergere il proprio ego e allora è facile rispondere male. Del resto la rete è il luogo dell’orizzontalità. Forse, avverte, sarebbero necessari dei corsi di cyberpsicologia.
E Canova conclude ricordando che fare cultura vuol dire stabilire delle gerarchie, dei percorsi verticali. 

30 Novembre 2017

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