Hazanavicius, Godard e il ‘68

Lo abbiamo visto a Cannes con il titolo Le redoutable. Arriva in Italia il 31 ottobre, in ben 60 copie con Cinema di Valerio De Paolis, Il mio Godard di Michel Hazanavicius, con Louis Garrel


Arriverà in Italia il 31 ottobre – in 60 copie con Cinema di Valerio De Paolis – e in anteprima al festival fiorentino France Odeon, Il mio Godard di Michel Hazanavicius, con Louis Garrel nei panni del geniale regista di Fino all’ultimo respiro. Dopo The Search, che aveva lasciato il pubblico interdetto soprattutto per i suoi toni estremamente drammatici e vicini al neo-realismo, l’autore di The Artist sembra aver ritrovato le giuste coordinate, proponendo una commedia, liberamente tratta da un libro (‘Un an après’) di Anne Wiazemsky, a lungo moglie di Godard e attrice, da poco scomparsa. Una commedia dichiarata (“sono solo un attore che fa finta di essere Godard, e nemmeno bravo”, dice a un certo punto Garrel), scritta con garbo ed equilibrata, dove però gran parte dell’effetto comico viene dal contrapporsi di questo goffo ritratto d’artista, innamorato ma incapace di amare, a confronto con il ’68 nascente, con la ‘primavera francese’ che rappresenta per lui uno dei maggiori punti di rottura con il cinema tradizionale. 

Il film, visto a Cannes, si chiamava in originale Le redoutable, come il primo sottomarino nucleare francese, lanciato nel 1967, e questo la dice lunga su quanto il ‘periodo’ sia essenziale per lo sviluppo della trama e delle tematiche: “Tutti lo hanno cambiato – dice il regista – in America si chiama ‘Godard amore mio’. Evidentemente il mio non era un titolo particolarmente buono, ma la scelta italiana mi piace. In effetti, si tratta di un incastro di punti di vista sul regista. C’è quello di Anne, poi il mio e quello dei miei collaboratori. E’ un personaggio sfaccettato e paradossale, tragedia e commedia, eroico ma buffo. Ha lottato per le cose in cui credeva. E’ un essere umano alla ricerca della libertà creativa”. “E’ anche e soprattutto un film sul ’68 – commenta Garrel, che del tema si intende, essendo stato interprete anche di The Dreamers di Bertolucci, che nel film compare come personaggio, insieme a Ferreri, e Les amants reguliers di suo padre Philippe – eppure senza nostalgia, perché si tratta di un’epoca che Michel non ha direttamente vissuto, essendo nato nel ‘67. E’ un figlio del ’68. Per questo può vederla con distacco come del resto guarda con distacco Gordard. Lo ama, ma non è il suo idolo. Sono più io quello che lo venera”.

“E’ stato l’anno della rottura – dice ancora il regista – ma non penso che i film di Godard siano mai stati propriamente ‘commerciali’. Erano comunque realizzati con budget bassi e non incassavano cifre enormi. Erano originali, ma c’era comunque ancora la volontà di sedurre il pubblico. Da un certo momento ha deciso di rinunciare totalmente alla trama e agli attori. Io mi sento legato alla sua prima fase, sono legato al cinema tradizionale. Certo non proporrei ai miei figli una serata ‘Pizza e Lotte in Italia’, ma questo non ha a che vedere col film, ho cercato di non giudicarlo.  Non credo comunque che lui abbia sacrificato la sua arte, credo invece che abbia fatto una scelta eroica di fare un percorso diverso, di ribellione. Non volevo comunque fare un film ‘a tesi’. Vado avanti e indietro, allargo sul contesto e stringo sui personaggi, grazie anche agli attori e al direttore della fotografia. Io trovo che il ’68, nel film, sia trattato molto seriamente. Oggi c’è una radicalizzazione delle ideologie, in generale quello che trovo caratteristico del ’68 è la sua vitalità, il vigore della gioventù, che si esprimeva anche a livello sessuale, era una rivoluzione allegra. Oggi i rivoluzionari raccontano tratti deprimenti di una società che sembra totalmente da buttar via. I miei modelli per il film sono Risi, Scola e Monicelli, non lo dico solo perché siamo in Italia. Insieme ai cugini americani Wilder e Lubitsch”.

“E’ un’epoca che non esiste più – dice ancora Garrel –  e ha le sue contraddizioni. Ma trovo affascinante la contraddizione, anche sullo stesso Godard. Lo ammiro tantissimo e capisco anche perché lui detesti Truffaut. Ma ammiro anche Truffaut. Questo mi mette in conflitto con me stesso e mi piace. Del resto il gioco è anche quello di fare un film che lo stesso Godard detesterebbe”. Nel cast anche Bérénice Bejo, compagna del regista.

A questo link il pezzo da Cannes.

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18 Ottobre 2017

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