“Hasta la vista”, la prima volta oltre l’handicap

“L’idea mi è venuta vedendo in tv un documentario inglese che racconta la storia vera di Asta Philipot, un ragazzo portatore di handicap che decide di fare un viaggio in Spagna con due amici allo scopo di perdere la verginità. Ho trovato molto interessante questo spunto, tanto che ho deciso di farci un film”. Così Geoffrey Enthoven, regista del film Hasta la vista in concorso nella sezione Alice nella città del Festival di Roma.

“La mia intenzione – ha aggiunto il cineasta belga – era quella di fare un film che si rivolgesse al grande pubblico e soprattutto che gli spettatori, dopo pochi minuti dall’inizio, si dimenticassero dell’handicap degli attori per vederli come persone normali. Tutti abbiamo dei limiti. Non a caso i dialoghi sono ironici, pungenti e a volte politicamente scorretti: volevo che gli attori sembrassero ragazzi normali e reali. In più due dei tre protagonisti, fatta eccezione del ragazzo non vedente, mostrano all’inizio un forte pregiudizio verso la loro accompagnatrice scambiandola addirittura per un uomo, ma conoscendola meglio nasce tra loro una bella amicizia”.

“L’unica concessione ad un film molto realista ha concluso Enthoven – è stata la scelta di rappresentare i tre ragazzi finalmente in piedi e avvolti da una luce bianca all’uscita dal bordello spagnolo dopo aver perduto finalmente la loro ingombrante verginità. Mi sono rivisto. Anche io dopo la mia prima volta mi sono sentito realizzato, accettato e parte del mondo reale. Volevo che i ragazzi esprimessero queste stesse sensazioni”.