VENEZIA – Non può che affrontare il tema della parità di genere, nell’anno del #MeToo e delle recenti polemiche sulla scarsa rappresentanza femminile alla Mostra, la consueta conferenza di apertura di Venezia 75 con i presidenti delle giurie. “Ammettiamo che esiste un problema di sotto rappresentazione, che riguarda in generale tutti i settori dell’arte” – sottolinea il presidente della Biennale di Venezia Paolo Baratta che, insieme ad Alberto Barbera, il prossimo 31 agosto siglerà, come già hanno fatto i festival di Cannes e Berlino, la Carta 5050×2020, un documento per la parità di genere nell’industria dei media e dell’audiovisivo, che ha lo scopo di promuovere pari opportunità di impiego e di tutelare gli interessi delle professioniste del settore. “Non possiamo non notare che a Venezia abbiamo solo un 21% di film proposti da donne – continua Baratta – e spero che tutti i festival analizzino e rendano pubblici questo tipo di dati in modo da poter esaminare il problema a livello globale e in maniera obiettiva”.
Lo scopo è quello di raggiungere il 50 e 50 entro il 2020, interviene il presidente della giuria internazionale del Concorso Guillermo del Toro che proprio a Venezia l’anno scorso ha vinto il Leone d’Oro per La forma dell’acqua. “Ci sono molte voci che dovrebbero ma non vengono ascoltate, e non si tratta solo di creare delle quote: occorre capire a fondo la questione della parità, che non è una semplice controversia ma un vero problema che chiede di essere risolto. È importante, inoltre, che anche nelle giurie ci sia un equilibrio tra rappresentanza maschile e femminile, per rispondere alla necessità di un equo giudizio”.
Sulle controversie con Netflix, che distribuisce tra l’altro anche la pellicola Roma del connazionale Alfonso Cuarón (“Sono un presidente e non un dittatore e sarò obiettivo nel giudicare allo stesso modo un film australiano o messicano”, garantisce), il premio Oscar sottolinea come il vero contenuto artistico di un film stia tutto in un rettangolo, che è lo spazio di visione. Tutto ciò che è al di fuori non importa. “Solo all’interno di questo rettangolo esiste la vita del cinema, e lì risiede la qualità e tutto ciò che valuteremo in quanto giurati”.
Riguardo, poi, le aspettative di un’esperienza come quella della presidenza di una giuria importante come Venezia, conclude: “Naturalmente spero di sorprendermi e di scoprire l’inaspettato. Il fatto di essere un giurato rinnova un patto personale e intimo con il cinema che va ben oltre l’aspetto commerciale e culturale. È un’esperienza meravigliosa e unica, che noi tutti affronteremo in modo accurato e responsabile, consci che, in un certo senso, il nostro giudizio avrà la capacità di cambiare la vita di qualcuno.”
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