VENEZIA – “Ho fatto questo film perché ero profondamente infastidito dall’idea che sembriamo tutti condannati ad agire solo per noi stessi, in modo individualistico, quasi narcisistico, con l’unico obiettivo di diventare miliardari, come dice Macron. Magari in modo facile, come si vede in tv. E che questo sarebbe l’ordine naturale e immutabile delle cose. All’inizio volevo fare una commedia, ma poi mi sono reso conto che dovevo lanciare un grido d’allarme, drammatico”.
Messaggio forte, e naturalmente politico, per il regista francese Robert Guédiguian, in concorso alla Mostra con Gloria Mundi. Ancora una volta siamo a Marsiglia, ma non nei luoghi cari alla sua poetica, bensì nel centro modernissimo e asettico, e la prima scena catapulta nel mondo una bimba – la scena è un omaggio dichiarato a Life del regista armeno Artavazd Pelešjan. Attorno alla piccola Gloria scopriamo via via una famiglia modesta e, apparentemente, unita. I nonni della piccola sono Sylvie e Richard (Ariane Ascaride e Jean-Pierre Darroussin): lei fa il turno di notte in un’impresa di pulizie, lui guida gli autobus. La mamma di Gloria è Mathilda (Anais Demoustier), commessa precaria in un negozio di abbigliamento. Suo marito Nicolas (Robinson Stévenin) è un autista Uber. La sorella di Mathilda, Aurore (Lola Naymark) insieme al marito Bruno (Grégoire Leprince-Ringuet) gestisce un negozio di articoli per la casa usati sfruttando i disgraziati costretti a rivendere tostapane e telefonini. Infine, dal carcere, dove ha scontato una lunga condanna per omicidio, torna il padre biologico di Mathilda (Gérard Meylan).
Il film indaga con grande naturalezza i rapporti all’interno di questo nucleo familiare, mostrandoci come la solidarietà, un valore considerato incrollabile dai più anziani, sia totalmente scomparsa presso le giovani generazioni adrenaliniche e pronte a tradirsi reciprocamente. Non c’è più una classe operaia con una coscienza, ma tentativi singoli di emergere senza tanti complimenti.
“Parafrasando Marx – dice il regista, che sta lavorando a un film sulla lotta per l’indipendenza dalla Francia nel Mali degli anni ’60 – ovunque regni, il neocapitalismo ha schiacciato relazioni fraterne, amichevoli e solidali, e non ha lasciato altro legame tra le persone, se non il freddo interesse e il denaro, annegando tutti i nostri sogni nelle gelide acque del calcolo egoistico. Ecco cosa vuole dimostrare questo crudele racconto sociale attraverso la storia di una famiglia ricostituita, fragile come un castello di carte. Ho sempre pensato che il cinema dovrebbe commuoverci, a volte donandoci un esempio del mondo come potrebbe essere, altre volte mostrandoci il mondo così com’è”.
Guédiguian, che si considera parte di una internazionale del cinema composta da Ken Loach, Nanni Moretti e Aki Kaurismaki, rivendica un ottimismo disperato, un “ottimismo della volontà, come direbbe Gramsci”. E aggiunge: “Non condanno queste persone, ma la società che le produce, sono tutti nella stessa barca, solo il personaggio di Gérard Meylan, in cui mi identifico, si distingue, come fosse un extraterrestre, è lui che si sacrifica perché certe ingiustizie non debbano più accadere”. Ed è lo stesso Meylan a rivendicare il metodo di lavoro in gruppo con attori che da un film all’altro compongono un ritratto della classe lavoratrice: “Dopo 35 anni di storia comune, tra noi c’è un’intimità tale che basta uno sguardo per comprendersi”. Mentre Ariane, moglie e musa del regista, intona in conferenza stampa “Bandiera rossa”. “Il nostro gruppo si incontra e discute in permanenza, quindi non ci ha sorpreso leggere una sceneggiatura così disincantata – dice l’attrice – In Francia, come in Italia, c’è tanta gente che non crede più nella politica, nella destra e nella sinistra. Non hanno più tempo per riflettere perché sono troppo impegnati nella lotta per la sopravvivenza”.
Gloria mundi, coprodotto dall’italiana BiBi Film, uscirà nelle nostre sale con Parthénos.
E' da segnalare una protesta del Codacons con annessa polemica circa la premiazione di Luca Marinelli con la Coppa Volpi a Venezia 76. L'attore aveva rilasciato una dichiarazione a favore di "quelli che stanno in mare e che salvano persone che fuggono da situazioni inimmaginabili". "In modo del tutto imprevedibile - si legge nel comunicato del Codacons - il premio come miglior attore non è andato alla splendida interpretazione di Joaquin Phoenix"
Venezia 76 si è distinta anche per una ricca attività sul web sui social network. Sulla pagina Facebook ufficiale sono stati pubblicati 175 post che hanno ottenuto complessivamente 4.528.849 visualizzazioni (2018: 1.407.902). Le interazioni totali sono state 208.929 (2018: 64.536). I fan totali della pagina, al 6 settembre 2019, sono 360.950, +4.738 dal 24 agosto 2019
Nel rituale incontro di fine Mostra Alberto Barbera fa un bilancio positivo per il cinema italiano: “In concorso c’erano tre film coraggiosi che osavano – ha detto il direttore - radicali nelle loro scelte, non scontati, non avrei scommesso sul fatto che la giuria fosse in grado di valutarne le qualità"
Luca Marinelli e Franco Maresco, rispettivamente Coppa Volpi e Premio Speciale della Giuria, ma anche Luca Barbareschi per la coproduzione del film di Roman Polanski J'accuse. Ecco gli italiani sul podio e le loro dichiarazioni