Google, cultura 2.0


Entro il 2015 l’economia internet generated registrerà una crescita annua tra il 13% e il 18%, con fatturati, secondo le previsioni, pari a 59 miliardi di euro per 12 mesi. Quasi il doppio rispetto ai 31 miliardi del 2010. Ma internet non è solo business e per dimostrarlo si è svolto ieri un incontro, ospitato a Roma, nella sala Santa Marta, splendida location restaurata dal MiBAC, dal titolo “Internet for Culture – Le piattaforme digitali per la diffusione della cultura, l’arte e la storia italiane” e coordinato dalla responsabile delle Relazioni istituzionali di Google, Giorgia Abetino.

 

Per Nicola Borrelli, DG Cinema, “la rete contiente possibilità straordinarie per l’arte, la cultura e la storia, mettendo i patrimoni a disposizione dei fruitori a costi contenuti, ma non si possono negare anche le insidie proprie del mezzo”. Riassunte da Corrado Augias con un aforisma, “ciò che si acquista in velocità si perde in potenza”. Per il saggista la rivoluzione internet dà accesso a conoscenze prima inaccessibili ai più, ma produce anche una sorta di cultura del copia incolla. “Ormai il ruolo dell’educatore è cambiato. Bisogna chiederesi come trasmettere ai giovani l’importanza della cultura”.

 

Ci prova Google, colosso del settore, con il suo Cultural Institute, presentato dal direttore Amit Sood: “Siamo nati nel 2010 con lo scopo di sviluppare tecnologia per promuovere e preservare la cultura online, non a fini di lucro. Tra i nostri progetti: Google Art, Wolrd Wonders e l’Archivio di Mostre digitali, tutti realizzati con partner prestigiosi, dal Nelson Mandela Institute a Istituto Luce Cinecittà . L’Art Project, ad esempio, partito con 17 musei in 9 paesi è arrivato a coprire 183 musei in 43 paesi”. Questa piattaforma consente di ammirare migliaia di opere d’arte ad altissima risoluzione e fino al minimo dettaglio, creando anche raccolte personalizzate. World Wonders permette, attraverso street view, di esplorare siti archeologici, monumenti e bellezze paesaggistiche – da Stonehenge a Pompei, da Kyoto alla Grande Barriera Corallina – in 3D. Infine accordi con i più importanti Archivi hanno permesso di realizzare 42 mostre digitali sulla storia del XX secolo.

 

Istituto Luce Cinecittà  è l’unico partner italiano del progetto – spiega il presidente Rodrigo Cipriani Foresio – attraverso le immagini del nostro archivio siamo in grado di ricostruire il decennio 1955-65, che abbiamo definito gli anni della Dolce vita. Questo ci consente di raggiungere un numero ancora maggiore di utenti, già abituati a consultare l’archivio online da dieci anni o visionare i nostri materiali sul canale dedicato su Youtube. In 4 mesi 4 milioni di persone, tra cui un 30% dall’estero, hanno ‘visitato’ i nostri contenuti”. Per Cipriani “il percorso multimediale è un perfetto esempio di come il giusto equilibrio tra industria, accademia e politiche pubbliche possa fare delle risorse digitali il punto di partenza per un’idea rinnovata di patrimonio e cultura, specie verso i più giovani”.

 

Frena gli entusiasmi, tuttavia, Riccardo Scamarcio: “Internet è un mezzo di massa, ma ho la sensazione che in qualche caso comporti un allontanamento dalla vita culturale e spirituale delle società. L’accesso a migliaia di informazioni in qualche modo ci atterrisce e può isolarci. Noi ci riuniamo tra amici per guardare video su Youtube proposti a turno da ognuno di noi, in questo caso c’è aggregazione e condivisione di emozioni perché siamo insieme”. Però l’attore ammette le potenzialità del web per dare risalto al lavoro artistico indipendente e fa l’esempio di Tea Falco, la giovane interprete di Io e te di Bertolucci, “che si è fatta conoscere postando le foto che scatta su internet”. 

autore
22 Novembre 2012

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