Un’inedita alleanza tra le associazioni (sono otto) di autori e sceneggiatori di cinema, fiction tv e web, documentari, film d’animazione (100autori, Anac, Art, Asifa, Doc.It, Wgi), intrattenimento televisivo (Anart), adattatori e dialoghisti cinetelevisivi (Aidac) è andata in scena in questa mattina di inizio agosto alla Casa del Cinema di Roma. Alla presenza del ministro Dario Franceschini, che ha ascoltato attentamente poco meno di due ore fitte di interventi, proposte, suggerimenti. “E’ la prima volta di un fronte unitario del settore”, come ha riassunto il presidente dell’Anac Ugo Gregoretti. Interventi brevi (e testi scritti) perché ciascuno ha parlato a nome di tutti. Platea affollata. Persino un videointervento, quello di Bruno Bozzetto, maestro dell’animazione che ha sollecitato un diverso atteggiamento verso questo settore, non residuale e non destinato solo all’infanzia.
Silvia Scola, vicepresidente Anac, ha spiegato la parola d’ordine di un New Deal della cultura e dell’audiovisivo. “Pensiamo a una nuova legge di sistema – quella attualmente in vigore risale al ’65 – ma anche a provvedimenti urgenti”. In particolare si è molto parlato di tassa di scopo e di antitrust. Francesco Bruni, presidente 100autori, ha ricordato come il cinema italiano faccia tendenza nel mondo vincendo premi, eppure contemporaneamente perda contatto dal pubblico giovanile che rifugge dalla complessità. “È il momento di istituire la materia audiovisivo nelle scuole”. Inoltre ha accennato alla proposta di riforma delle tv elaborata dagli autori che sarà presentata il 29 agosto alla Villa degli Autori (Cambia canali-La tv che serve alla creatività e all’industria italiana). Altri argomenti, in ordine sparso, toccati dai vari interventi: le tecnologie e il cinema del futuro, le sale di città, l’ipotesi di creare un CNC sul modello francese, il diritto d’autore sacrificato sull’altare delle regole imposte dai broadcaster, il reperimento delle risorse. Tra i provvedimenti urgenti la richiesta di un fondo speciale per i film “difficili” e l’abbassamento da due a un anno dell’incarico per chi fa parte delle commissioni in seno al MiBACT.
“Vi stupiremo ma chiediamo il libero mercato – ha scandito Paolo Virzì – i film italiani, in virtù del diritto d’antenna, sono appannaggio di due soli soggetti, Rai e Mediaset, questo duopolio non è legale”. In chiusura Ettore Scola, sostenitore del valore dell’educazione: “Alcuni rudimenti di etica e di estetica andrebbero forniti fin da bambini ai cittadini”.
Quindi la parola è passata a Dario Franceschini, che ha esordito accennando alle responsabilità della politica per non aver investito nel settore della cultura, che invece è “ossigeno per le anime e le menti, ma anche ossigeno per la nostra economia”. Il principio ispiratore di fondo è che “il cinema italiano va aiutato perché è una grande opportunità economica di questo paese”. E ha proseguito: “Stiamo lavorando alla legge di sistema. Finora ci sono stati provvedimenti d’urgenza, come l’estensione del tax credit o il credito d’imposta per le ristrutturazioni delle sale. Siamo vicini a un’ipotesi di accordo con la Rai perché sposti a Cinecittà la produzione di fiction. Anche sul Museo del cinema italiano, voglio chiarire che so bene che a Torino c’è già un bellissimo Museo del cinema, ma quello riguarda tutto il cinema mondiale e non quello italiano in particolare”. Franceschini è intervenuto anche sul tema del diritto autore, che sta affrontando a livello europeo. “Il confronto tra il diritto autore e internet va oltre i confini nazionali. Le grandi compagnie se ne fregano delle regole nazionali e nei giovani si è persa la consapevolezza del fatto che bisogna pagare per un’opera. Tanto è vero che in rete si sta scatenando in questi giorni la protesta non contro i produttori come Apple o Samsung che hanno aumentato i prezzi dei device perché non rinunciano neppure a un piccolo margine dei loro enormi profitti, ma contro la Siae”.
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