Giuseppe Ferrara


G.Ferrara“La difficoltà più grande nel realizzare Guido che sfidò le Brigate Rosse è stata trovare i soldi per produrlo. Anche se Rai Cinema si è vantata di aver sostenuto il film, in verità ha fatto ben poco, se non comprare i diritti di antenna di recente, all’ultimo momento”. E’ amareggiato il regista Giuseppe Ferrara, che già nel luglio scorso aveva completato la realizzazione del suo film sul sindacalista ucciso dalle BR (prodotto da Carmine De Benedictis per Pianeta Spettacolo e dalla Ilva Rivagroup) e che continua, tra le polemiche, ad avere problemi distributivi. “La verità è che la Cgil, che ha patrocinato il film, ha fatto pressioni su Rai Cinema e sull’Istituto Luce perché il film venisse distribuito adeguatamente – spiega il regista – Sono stato sommerso da richieste di proiezioni in tutta Italia da parte della base sindacale”. La pellicola, presentata in anteprima al Busto Arsizio Film Festival, è interpretata da Massimo Ghini, Gianmarco Tognazzi, Anna Galiena ed Elvira Giannini, ed è distribuita dalla Emme cinematografica.

Come è strutturato il film? E’ tutto focalizzato sulla vicenda di Guido Rossa?
Il film è costruito sull’alternanza continua tra la vita del brigatista Riccardo Dura, interpretato da Gianmarco Tognazzi, e quella del sindacalista Guido Rossa, cioè Massimo Ghini. Racconto le vicende parallele di un eversore e di un uomo pronto a difendere la legalità anche a costo della vita, e i due atteggiamenti politici, i due progetti vengono messi a confronto per tutto il film finché non si incontrano solo una volta, quando il brigatista spara al sindacalista.

Si tratta di una ricostruzione fedele?
Come ho sempre fatto nei miei film, mi sono documentato molto e tutto quello che racconto è vero, tranne poche concessioni “romanzesche”. E’ stato decisivo il contributo dell’Italsider, che mi ha concesso di girare nei luoghi in cui sono accadute davvero le vicende. Abbiamo addirittura ricostruito con esattezza le stanze in cui avvenivano le riunioni sindacali, usando lo stesso tavolino su cui scriveva Guido Rossa.

Per documentarsi ha parlato anche con la figlia di Guido Rossa?
Non ho solo parlato con Sabina Rossa, ma l’ho addirittura “spremuta”. E lei si è sentita talmente coinvolta dal progetto da volersi documentare di più sulla storia di suo padre, fino a decidere di scrivere un libro insieme a Giovanni Fasanella dal titolo “Guido Rossa, mio padre”. Mi sarebbe piaciuto, a posteriori, attingere anche dal libro, ma è stato scritto dopo la realizzazione del film.

Ha incontrato anche dei brigatisti?
Soprattutto per il ruolo coperto da Elvira Giannini, cioè la brigatista Nora. Il suo personaggio è fortemente ispirato a Fulvia Miglietta, che ho incontrato e con cui ho parlato. E’ una figura interessante perché è una donna molto religiosa, che accompagnava i fedeli a Lourdes e che metteva insieme religione e lotta armata. Proprio perché era molto credente non volle mai sparare, ma si macchiò comunque di molti delitti.

Cosa l’ha spinta a raccontare la storia di Guido Rossa?
Soprattutto il fatto che quest’uomo avesse scoperto che gli operai possono essere lo Stato. Era proprio questo che le Brigate Rosse non sopportavano, ed è il motivo per cui lo hanno ucciso. Fu eliminato perché era considerato ideologicamente pericoloso, non tanto perché avesse fatto la spia.

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04 Giugno 2007

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