Un Kammerspiel a due, un omaggio all’immenso romanzo di Proust e al cinema di Luchino Visconti, un ritorno agli anni ’70 sono gli ingredienti dell’ambizioso nuovo film di Giulio Base, A la recherche, presentato alla Festa del cinema di Roma 2023 nella sezione Freestyle.
Siamo a metà degli anni ’70 e la nobildonna francese Ariane (Anne Parillaud), che vive in una villa isolata in Italia, assolda lo sceneggiatore Pietro (Base), uomo mediocre e squattrinato che lavora tra B movie e porno e che ha l’unico pregio, agli occhi di lei, di parlare bene il francese. Insieme a lui intende scrivere una versione del monumentale romanzo di Marcel Proust Alla ricerca del tempo perduto, che convinca il maestro Luchino Visconti, che è stato in passato suo amante e che vorrebbe ritrovare.
Durante le lunghe e quotidiane sedute di sceneggiatura, tra i due si innesca un duello verbale che esprime attrazione e repulsione, con dialoghi che toccano anche temi contemporanei, dalla casta cinematografica al ruolo della politica nel cinema fino al #MeToo evocato nel finale.
“I due personaggi – annota Base – sono la materia pulsante di questo affresco meta-cinematografico degli anni ’70, il decennio della dialettica, una dialettica che rimpiango. In scena ci sono una donna e un uomo sconfitti dalla vita, due anime scure ma anche tenere che ho cercato di seguire con sguardo equidistante e comprensivo verso le loro mancanze e debolezze”.
Gli anni ’70 evocati nel film sono quelli del terrorismo ma anche quelli di un cinema più che mai vivo e poliedrico, che annovera grandi maestri (Visconti morirà nel ’76) e film di cassetta l’uno accanto all’altro. “L’idea nasce da Paolo Fosso – spiega ancora Base – che mi portò un soggetto per me come attore. Rimasi colpito: Davvero mi vedi come uno sceneggiatore sfigato che ha dissipato il suo talento appresso alle donne e al gioco? gli dissi. Ma poi ci mettemmo al lavoro insieme, riscrivendo i due personaggi e puntando su tante cose di cui ho nostalgia, specie la dialettica di quegli anni, sostituita oggi dal muro contro muro in cui si parla senza ascoltarsi troppo. Tra questi due c’è una lotta di classe: lei è aristocratica, francese e comunista; lui un poveraccio, conformista, che segue la scia del denaro e che vota PCI solo per emulare il suo idolo Luchino Visconti. Eppure trovano conforto l’uno nelle braccia dell’altra”.
Anne Parillaud, la mitica interprete di Nikita, che nel film sfoggia una serie di abiti d’epoca della Sartoria Tirelli, definisce Ariane come “una donna all’avanguardia, libera nel pensiero e nei sentimenti, contemporanea, imprevedibile, buffa, pazza, artista, un personaggio dalla personalità complessa”. E rivela di aver apprezzato lo stile teatrale di Base, che ha girato in sequenza.
C’è una battuta in cui si sottolinea come per fare cinema in Italia si dovesse essere del PCI. “La pronuncia Pietro che è un conformista, un po’ barbaro – spiega Base – Ma è vero che la politica permeava tutta la società italiana negli anni ’70 e anche il cinema ne era imbevuto. Lo stesso Visconti, benché ricchissimo e nobile, era vicino al PCI e il partito lo aiutò a fare i primi due film. Ma poi Togliatti gli disse che non gradiva la sua omosessualità”.
Lui si è mai sentito emarginato dal sistema cinema? “Se fai questa domanda a 100 registi italiani, 95 risponderanno di essere stati sottovalutati e anch’io. Non mi piace fare la vittima e ringrazio ogni giorno per la fortuna di fare quello che amo. Non mi sono mai sentito organico a una certa militanza, mi sono professato cristiano e credente, e questo non mi ha certo aperto le porte. Questo film, nel suo complesso, costa meno dei compensi di alcuni registi a quanto si legge in questi giorni”. E ancora: “Fellini, Visconti e Antonioni non sono mai scesi in fabbrica a fare un film, mentre Godard, che adoro, lo ha fatto. Ma i suoi film che preferisco non sono quelli militanti. Se Fellini avesse fatto un film in fabbrica, avremmo qualcosa di migliore? Non credo. Del resto, La dolce vita, Roma e Amarcord sono fortemente politici. Poi ci sono registi come Ken Loach, che mi fa piangere e che amo. Lui ha nella sua essenza la politica, non come presa di posizione”.
Il film, coproduzione italo-francese con la Agnus Dei di Tiziana Rocca insieme a Rai Cinema e Rosebud Entertainment, ha un titolo A la recherche che rimanda ovviamente al grande romanzo di Proust. “Ma sottolinea anche l’importanza della ricerca in senso lato. Credo che abbiamo fatto un film di ricerca, piuttosto coraggioso. La scienziata Margherita Hack diceva che ricerca è la parola più bella”.
Sulla struttura teatrale: “Il teatro e la parola sono la mia passione. Visconti stesso, accanto a film come Il gattopardo e Rocco e i suoi fratelli ha realizzato anche dei Kammerspiel come Gruppo di famiglia in un interno, Vaghe stelle dell’Orsa o Le notti bianche. A Suso Cecchi D’Amico chiedeva di tagliare tutte le scene d’azione e lasciare i dialoghi. Amava il teatro più di tutto. Ho riletto le Note sul Cinematografo di Robert Bresson, mi ha colpito dove dice che i registi cambiano continuamente obiettivo, ma sbagliando perché quando si legge non si cambiano continuamente gli occhiali. Dunque per ogni sequenza ho usato un solo obiettivo, cercando di avvicinarmi sempre di più a queste due anime”.
A la recherche esce il 2 novembre in sala con Eagle Pictures.
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