TORINO. E’ in competizione al TFF un po’ per caso dopo che il produttore Domenico Procacci ha inviato, a sua insaputa, Smettere di fumare fumando alla selezione per il Concorso internazionale. Lui, il regista, fumettista e illustratore Gian Alfonso Pacinotti (in arte Gipi), lo aveva mostrato con poca convinzione a Nanni Moretti che lo aveva apprezzato. Una produzione autarchica, realizzata in 10 giorni senza sceneggiatura e troupe. “In fase di montaggio ha lavorato su oltre 20 ore filmate con un’attrezzatura leggerissima: una microcamera digitale Gopro, che usano i surfisti, una Canon 5d e un iphone”.
Dopo l’originale e non autobiografico L’ultimo terrestre, passato in competizione a Venezia 68, Gipi torna a raccontarsi, come spesso accade nel suo lavoro artistico. Questa volta lo fa attraverso un diario lungo 10 giorni che agli strumenti del disegnatore sostituisce la piccola telecamera digitale, con la quale l’autore e protagonista annota quel che avviene a un tabagista che improvvisamente dice no alla dipendenza da nicotina.
Un diario ironico, surreale, nevrotico che comincia con il delirio e l’ossessione delle prime giornate senza le amate Camel blu, e passa poi al tentativo di capire i motivi di questo voler farsi del male, nonostante gli allarmi lanciati dai medici. Di qui il suo viaggio anche nell’infanzia e l’affettuoso ritratto della madre e della sorella: “Sono tornato nei luoghi dove, forse, questi desideri erano stati generati. In questo viaggio mi sono affiancato ai miei amici migliori, i più buffi. Non volevo che fosse un viaggio triste. Volevo ridere e far ridere”.
E alla dipendenza dalla nicotina sembra subentrare quella da telecamera. “Sì, il tradizionale gesto mattutino di accensione di una sigaretta è stato sostituito da quello di filmarmi tutto il giorno, dal momento che mi svegliavo”.
Ma all’origine di questo film non c’è solo la necessità di smettere con le sigarette, Gipi ne fumava 40 al giorno, e ora da 8 mesi neppure l’ombra. “Soprattutto la voglia di sentirmi libero, senza controllo anche realizzando qualcosa di spiacevole e scoordinato. Nel cinema non mostravo infatti la stessa libertà dei fumetti, ci sono sempre voci che ti dicono che il film va fatto in quel modo – spiega il regista – Così ho cercato di parlare in libertà, usando sempre lo stesso personaggio dinoccolato e con orecchioni, questo burattino”. Ecco spiegata la citazione ‘rivisitata’ e provocatoria del critico ammazzafilm del felliniano 8½? “Dopo il triste percorso distributivo de L’ultimo terrestre, ho patito i commenti stupidi di alcuni critici sul web. Sono troppo fragile, non ce l’ho con qualcuno in particolare, me la prendo semmai con il sottoscritto”.
E a chi già l’accusa di peccare di narcisismo, Gipi risponde: “Per me il narcisismo corrisponde a una rappresentazione positiva di se stesso, non mi pare che sia il mio caso. Nel film mi faccio a pezzettini, da sempre la mia specialità è farmi harakiri. Mi sono sempre visto come un cartone animato che va in esplorazione della propria vita interiore”.
Non sa ancora se la sua opera seconda andrà in sala con Fandango. “Mi piacerebbe metterlo in rete gratuitamente, visto che non m’è costato nulla finanziariamente”. Molto dipenderà dall’accoglienza del pubblico di Torino. Nell’attesa sta completando un lungometraggio in cui parla del padre. “Questo film è figlio di Smettere di fumare fumando, ma solo nell’atteggiamento di libertà, perché è girato in tutt’altro modo, con una macchina da seria, ‘a modino’ come si dice dalle nostre parti “.
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