“Purissimo film neorealista”. Così la critica della Mostra del Cinema di Venezia accolse, nel 1956, Giovanna, mediometraggio di 36 minuti che segnò l’esordio di Gillo Pontecorvo nel cinema narrativo.
E’ l’episodio italiano di La rosa dei venti, film collettivo internazionale diretto da cinque registi di Brasile, Cina, Francia, Urss e Italia e coordinato da Joris Ivens e Alberto Cavalcanti.
Realizzato in occasione del congresso dell’Internazionale delle donne democratiche, fu prodotto dalla Defa, l’ente pubblico della Germania orientale. Non fu mai distribuito in Italia dove circolò solo in qualche festival e nel circuito alternativo dei cineclub.
Ora Giovanna rinasce, in versione vhs, grazie al restauro promosso dalla Filtea-Cgil e dall’Archivio Audiovisivo del movimento operaio e democratico.
Insieme alla videocassetta, edita dalla Ediesse, anche il volume Giovanna. Storia di un film e del suo restauro curato da Antonio Medici, critico della rivista “Cinemasessanta”, che contiene: un saggio introduttivo di Lietta Tornabuoni, la sceneggiatura desunta, il corredo fotografico e la documentazione della censura che impose il taglio di una battuta. Inoltre, testimonianze del regista e dei suoi collaboratori Giuliano Montaldo e Franco Giraldi, del direttore della fotografia Erico Menczer, della protagonista Armida Giannassi e la storia del recupero raccontata da Paola Scarnati, segretario generale dell’Archivio Audiovisivo, e Mario Musumeci, curatore del restauro.
Girato in 5 settimane nel 1955 in una fabbrica di Prato con attrici e attori non professionisti (tranne la Giannassi), il film mette in scena il coraggioso “sciopero al rovescio”, “all’epoca una delle forme di lotta tipiche in Italia” dice il regista di Kapò, di un gruppo di operaie tessili che reagiscono al licenziamento occupando la fabbrica e continuando a produrre.
Dopo lo shock iniziale, la città è con loro ma Giovanna, donna disobbediente, entra in conflitto con il maschilismo del marito, operaio comunista.
“Poiché mia moglie mi accusa di essere antifemminista, rivendico la paternità dell’idea. In effetti Giovanna è un film femminista ante litteram” ricorda Pontecorvo.
E Giraldi aggiunge: “Giovanna è purissimo, rigoroso, privo di qualsiasi concessione allo spettacolo”. Gli fa eco la testimonianza di Erico Menczer, allievo del mago delle luci Gianni Di Venanzo: “Avevamo un carrello e una macchina da presa con una serie normale di obiettivi. Per l’illuminazione c’era un parco lampade molto ridotto. Le luci dovevano risultare naturali. Come se girassimo un cinegiornale”.
Mezzi scarsi dunque, eppure, come scrive Lietta Tornabuoni: “Lo stile è già quello di Gillo Pontecorvo, anche se meno maturo e perfetto: un bianco e nero plastico, corposo, ben contrastato, di gran semplicità e carico di energia appassionata… E’ già lo stile, meno veloce e guerresco, non meno emozionante ed esatto, de La battaglia di Algeri“.
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