Parte oggi 27 febbraio, con la proiezione-evento a Trieste, il viaggio nelle sale italiane de L’orologio di Monaco, il film documentario di Mauro Caputo ispirato a una serie di racconti e dedicato a uno dei più alti intellettuali italiani, ed europei: Giorgio Pressburger. La proiezione si tiene presso il Salone di Rappresentanza della Presidenza della Regione Friuli Venezia Giulia, alla presenza del regista, di Giorgio Pressburger e della presidente della Regione Debora Serracchiani.
Il film, prodotto da Vox Produzioni e distribuito da Istituto Luce-Cinecittà, inizierà poi la programmazione dal 28 febbraio al Cinema dei Fabbri di Trieste, e a marzo toccherà Milano (al cinema Mexico), Udine e Roma.
Scrittore, regista, operatore culturale su molteplici campi, che come pochi sa raccontare quel territorio fisico e immateriale che è stata (ed è) la Mitteleuropa, Pressburger nel film rivive i ricordi e le vicende umane di cui è stato osservatore partecipe. Dalla nascita a Budapest alla partenza in seguito all’invasione sovietica del ’56, passando per la ‘sua’ Trieste e per un vagabondaggio culturale lungo l’Europa del ‘900 e oltre.
Il film parte dall’indagine piuttosto straordinaria sull’albero genealogico del protagonista; una famiglia del centroeuropa in cui confluiscono per caso e nel tempo alcuni grandissimi nomi della cultura moderna: Karl Marx, il poeta Heinrich Heine, il compositore Mendelssohn, il regista di Scarpette rosse Emeric Pressburger e suo nipote, anche lui regista e premio Oscar, Kevin Macdonald.
Un racconto che vive di immagini dell’Archivio Luce, di film amatoriali di Emeric Pressburger, e su tutto della voce e fisicità di un uomo, protagonista di questo viaggio, la cui vicenda personale e familiare riesce magicamente a intrecciarsi con la memoria del nostro ‘900, evocandone storie, violenza, arte, passioni.
Il film, presentato in prima mondiale all’ultimo Festival di Roma, ha tra i suoi primi sostenitori un altro grande studioso di geografie culturali come Claudio Magris, che lo ha definito “un racconto cinematografico intenso e struggente, forte e discreto, che fa parlare non solo gli uomini ma anche i paesaggi, le cose, le tracce degli uomini passati sulla terra”.
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