Gints Zilbalodis: “Sono indipendente, come un gatto”

È un gioiello dell'animazione il film rivelazione 'Flow Un mondo da salvare' in uscita il 7 novembre con Teodora dopo aver ottenuto tanti riconoscimenti internazionali. Ad Alice nella città abbiamo intervistato il regista Gints Zilbalodis


La fine del mondo dal punto di vista di un gatto che tenta di sopravvivere a un’inondazione, impara a nuotare, a fidarsi degli altri animali, ad andare in barca a vela. Il regista lettone Gints Zilbalodis, classe 1994, dopo il suo lungometraggio d’esordio Away, realizzato interamente da solo, con il secondo lungometraggio, Flow, ha smosso le acque – è il caso di dirlo – nel mondo dell’animazione mondiale. Un film notato all’anteprima di Un Certain Regard all’ultimo Festival di Cannes e vincitore di quattro premi al Festival dell’animazione di Annecy, nominato agli EFA, al premio LUX del Parlamento Europeo e chiamato a rappresentare la Lettonia all’Oscar. Ora Flow Un mondo da salvare è in uscita il 7 novembre con Teodora, dopo gli appuntamenti di Alice nella città e di Lucca Comics & Games. Apprezzato da Guillermo del Toro che l’ha definito “il futuro dell’animazione”, unisce impegno ambientalista, poesia e thriller raccontando le avventure di un gattino dagli occhi grandi in un mondo sommerso dalle acque. C’è stato un diluvio universale e l’essere umano è scomparso, ma ha lasciato vestigia della sua presenza, come un barca e alcuni edifici di stile orientale. Il protagonista dovrà confrontarsi con un gruppo di strani e buffi animali – un capibara, un lemure, un cagnone e una gru – condividendo con loro le scarse possibilità di salvezza. Alla Festa di Roma abbiamo incontrato il giovane autore, il trentenne Gints Zilbalodis, e lo abbiamo intervistato.

Il film ha uno stile visivo assolutamente personale e una struttura che coinvolge totalmente lo spettatore nella vicenda.

Era mia intenzione creare un’esperienza immersiva, volevo che il pubblico si percepisse nei panni del gatto. Quindi ho usato molto la macchina da presa che osserva la storia, è come se il pubblico fosse lì e ci sono alcune scene che durano anche cinque minuti. Non volevo che il risultato fosse realistico, ma naturalistico, abbiamo stilizzato molto con l’uso della grafica. L’animazione, quando è troppo simile alla realtà, rischia di diventare fredda. Per questo non abbiamo esagerato con i dettagli e lo spettatore può aggiungere qualcosa di suo alla visione.

La sua scelta è molto forte, niente dialoghi, ma una musica che collabora alla narrazione, e che tra l’altro ha scritto lei stesso.

La musica è molto importante per me, l’ho scritta mentre stavo lavorando alla sceneggiatura e l’ho usata per stimolare le mie idee sullo sviluppo della trama. Avevo una grande library di brani a mia disposizione e alla fine ho scelto i migliori per ogni singola sequenza. Non sono un musicista, compongo con il computer e non suono nessuno strumento. Ma è un’esperienza molto divertente, anche perché la composizione musicale ha tempi piuttosto rapidi, mentre l’animazione ha tempi lunghissimi. A volte al montaggio si usano musiche di altri compositori per poi comporre qualcosa di simile successivamente. Io invece ho montato la prima versione con la mia musica originale e questo mi ha aiutato a dare il ritmo. In seguito avevo bisogno di un compositore esperto che ha completato il processo. Si tratta di Rihards Zalupe, polistrumentista, percussionista e direttore d’orchestra. Abbiamo registrato con una grande orchestra che ha diretto, è stata una grande emozione vedere la mia musica suonata da una vera orchestra sinfonica con 32 archi. Spesso nei film animati la musica cambia velocemente per trasmettere delle emozioni – tristezza, allegria, spavento – invece qui i pezzi durano diversi minuti, così le emozioni crescono da sole. E’ una forma di rispetto verso il pubblico.

Perché ha scelto un gatto come protagonista?

Volevo raccontare la storia di un gatto che affronta l’acqua, il suo massimo terrore. C’è un’inondazione e questo felino è davvero terrorizzato. Non ci sono antagonisti o cattivi nel film, non c’è il buono e il cattivo, il gatto all’inizio guarda gli altri animali con un po’ di timore e l’acqua esprime le sue emozioni: quando è terrorizzato, l’acqua è più turbolenta, poi quando gli altri animali diventano dei compagni di viaggio, anche l’acqua si placa.

Aveva in mente il tema del cambiamento climatico fin da subito?

E’ emerso naturalmente durante questo processo e ho pensato che potesse raggiungere un grande pubblico. Non credo che la gente abbia voglia di vedere un film sulle conseguenze di un disastro ambientale, ma qui c’è avventura e umorismo, e attraverso questo passa anche il messaggio sulla difesa dell’ambiente.

È la prima volta che lei lavora in team.

Sì, prima avevo fatto sempre tutto da solo, è stata un’esperienza nuova imparare a lavorare in gruppo. Anche per questo ho scelto un gatto perché mi rappresenta. I gatti sono animali molto indipendenti, che vogliono fare le cose a modo loro, anch’io sono così. Poi sono molto espressivi e anche quando si comportano male, li perdoni, perché sono carini. Inoltre dalla prospettiva di un gatto, tutto è enorme e ancora più drammatico.

Come ha lavorato sul paesaggio, molto misterioso?

Non volevo dare indicazioni sull’epoca o sul luogo, è uno spazio senza tempo, in cui non c’è niente di moderno. Non sappiamo quando si svolge questa storia. Abbiamo disegnato al computer, ma volevo dare l’idea che fosse stato fatto a mano, mi piace questa imperfezione. Non è un luogo reale, ma ci sono riferimenti a tanti luoghi diversi. Il paesaggio qui non è uno sfondo ma uno strumento narrativo, il pubblico deve mettere insieme la storia da solo lavorando con la sua immaginazione. Ho messo degli indizi, qua e là, forse questo fa venire voglia di vedere il film una seconda volta. Il budget era piccolo, quindi ci siamo concentrati moltissimo sul disegno.

Sembra di scorgere un’estetica da videogame nelle ambientazioni.

Sì, è vero che ci sono dei videogame fatti in questa maniera, con gli indizi sullo sfondo, ma non è stata una scelta a tavolino. Abbiamo usato ottiche larghe per poter riprendere sia lo sfondo che i personaggi in primo piano, invece di fare il classico passaggio tra primissimo piano e campo largo. C’è una generazione che è cresciuta con i videogame, cosa che non giudico né positiva né negativa, e certamente i videogiochi possono raccontare storie senza dialoghi, ma è difficile realizzarlo con le tecniche classiche. Tra le mie fonti di ispirazione ci sono i documentari girati con la macchina a spalla, ma questo non si sarebbe potuto fare con un vero gatto. Ci sono tanti altri spunti: i libri, i film e la mia esperienza di vita. E sì, i videogiochi.

La dichiarazione di Guillermo Del Toro vi ha aiutato molto a trovare visibilità.

Sì, ci ha aiutato a trovare un pubblico. In futuro credo che ci sarà più spazio per realizzare film indipendenti, abbiamo dimostrato che si può fare animazione di buon livello con un budget molto piccolo e in un paese come la Lettonia. Un film come questo può raggiungere un pubblico vasto perché è universale e senza dialoghi, è comprensibile da tutti. Oggi c’è maggiore attenzione verso l’animazione, che non è più solo cinema per bambini ma anche per adulti. Questi piccoli film riescono ad essere più creativi e raccontare storie universali. Siamo fortunati in Europa ad avere la possibilità di girare così, in Usa non sarebbe possibile. Avevo solo 24 anni quando ho iniziato a lavorare a Flow e mi è andata bene perché ho trovato delle persone che si sono fidate di me.

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29 Ottobre 2024

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