Gianluca Maria Tavarelli


Il malessere di una generazione, quella di coppie e single quarantenni, ma soprattutto il mestiere di vivere con il tentativo di sopravvivere ai problemi, alle angosce, a tutti i guai che incontri ogni giorno. Con Non prendere impegni per stasera (Sezione Orizzonti) Gianluca Maria Tavarelli abbandona lo sguardo sociologico del precedente Liberi, per un affresco interiore nel quale i personaggi del film non sono afflitti da gravi problemi sociali. Un film minimalista, di tante piccole storie, più o meno approfondite, di vita quotidiana, prodotto dalla Taodue di Pietro Valsecchi. La stessa per la quale Tavarelli ha diretto la miniserie tv Paolo Borsellino e sta concludendo quella sulla vita di Maria Montessori, interpretata da Paola Cortellesi.
Non prendere impegni per stasera ha un cast di tutto rispetto: Alessandro Gassman, Giorgio Tirabassi, Paola Cortellesi, Luca Zingaretti, Francesca Inaudi, Rocco Papaleo, Donatella Finocchiaro, Valerio Binasco, Giuseppe Battiston, Michela Cescon, Andrea Renzi

In Liberi, presentato proprio a Venezia, lei raccontava problemi sociali reali.
Qui i miei personaggi non hanno problemi di sussistenza, appartengono alla classe media, persone né ricche né povere, né belle né brutte, normalmente soddisfatte a parte Pietro/Giorgio Tirabassi. Ho voluto raccontare quel malessere sottile, che ti affligge nonostante tutto, attraverso i rapporti interpersonali come l’amore per una figlia, per una ex moglie o ex fidanzata, insomma quello che sta un po’ intorno all’amore. E mi interessava raccontare come ognuno di noi è chiuso dentro qualcosa che sa solo lui. Perché quell’uomo alto, forte e robusto alla fine si butti nel Tevere, lo sa solo lui.
Noi incrociamo tante persone e non riusciamo a influire sulla loro vita. C’è un attimo in cui ci si guarda, in cui intuisci qualchecosa dell’altro, ma l’altro si rigira e se ne va a fare quello che già aveva deciso. Le tante storie del film sono tutte simbolo di qualcuno che arriva sul ponte e si butta di sotto, e sicuramente avrà una ragione stupida o importante, ma comunque per lui valida in quel momento,

In questa sua opera c’è anche un intenso lavoro documentaristico?
Mostro la gente sui treni, sugli autobus, alle fermate, da sola mentre cammina. E’ un mondo che vive spalla a spalla, di cento persone che aspettano lo stesso pullman per andare tutti in cento posti diversi. Di queste persone non sappiano niente, ma è come se le nostre vite in qualche modo facessero da campione per la loro. Ognuno di loro si porta dietro un suo mondo, che possiamo solo intuire anche se gli siamo vicini.

Lo scenario è Roma, ma potrebbe essere Torino o Milano?
Racconto una grande metropoli, una città periferica nella quale i miei personaggi vivono. Una città vista in termini pendolaristici, con le persone che si spostano per andare e tornare dal lavoro. Domina un paesaggio urbano notturno, anche perché la sera uno fa un po’ più i conti con se stesso.

Il suo sguardo è rivolto soprattutto all’universo maschile?
Privilegio i mondi che conosco meglio, e di certo dei personaggi nei quali, anche in minima parte, posso riconoscere dei miei aspetti. Il mondo femminile si afferma invece attraverso Veronica, la commessa, simbolo della concretezza. E’ il personaggio che meglio capisce la vita, che l’affronta come andrebbe affrontata, senza troppe sovrastrutture perché ha un’idea chiara di quel che vuole. Gli altri non sono saggi quanto lei che è l’unica che ride ed è allegra. Ma la sua felicità viene spezzata da un lutto improvviso.

Perché ha scelto di concludere così la storia d’amore tra Andrea e Veronica?
Volevo che il film avesse un’apparente casualità, che irrompesse nel film la morte come irrompe improvvisamente nella vita. Volevo che la loro storia d’amore s’interrompesse in un modo stupido, senza eroismi, in una giornata qualunque, grigia.

Pietro resta il personaggio di riferimento?
Il lato positivo del film è nella forza che ha Pietro di riquadrare la sua esistenza, perché
riesce a ritrovare, attraverso la malattia un equilibrio, che è quello che manca a tutti gli altri personaggi. Del resto ho scelto di citare una poesia di Umberto Saba che dice una cosa bellissima: quel pensiero che tu vivi, ovunque tu sia, mi consola di tutto. E questo è il senso del film. Il fatto che tu vivi è infatti l’unica cosa importante, al di là di tutto.

autore
04 Settembre 2006

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